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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Antonino Cangemi
L’Italia non è un paese di lettori. E però, di tanto in tanto, si verificano boom editoriali che non ti aspetteresti. E’ il caso de “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci: più di 650.000 copie vendute, 32 ristampe, decine di traduzioni. Un successo non solo nazionale, ma anche internazionale.
Da sottolineare che a pubblicarlo non è stato né Mondadori né Einaudi, cioè il gotha dell’editoria italiana, ma Nord della galassia della GeMS, di rilievo e tuttavia non all’apice del nostro universo di chi fa libri; come pure il numero elevato di pagine: ben 448, e il nome, prima d’ora sconosciuto dell’autrice.
Come spiegare la straordinaria affermazione commerciale de “I leoni di Sicilia”?

Sicuramente la storia raccontata: la saga dei Florio, una famiglia di modesti commercianti che a fine ‘700, anche a causa del terremoto che colpì quella terra, si trasferì dalla Calabria a Palermo e lì – giorno dopo giorno, sacrificio dopo sacrificio, intuizioni dopo intuizioni – costruì un impero economico. L’escalation imprenditoriale in un’epoca, l’Ottocento, e in una terra, la Sicilia, già di per sé ricche di fascino. Poi il modo come la storia è raccontata: intrecciando le vicende storiche ed economiche a quelle umane, con particolare attenzione per le relazioni sentimentali e per le figure femminili che solo apparentemente sono in secondo piano e che in realtà conquistano la ribalta.
Sotto il profilo tecnico inoltre, va osservato l’uso, insolito nella narrazione, del presente: ciò alimenta la tensione, che rimane costante, senza tregua, nel corso delle tante pagine. Quanto alla lunghezza del romanzo, vero è che il lettore è sempre più pigro e ha poco tempo da dedicare ai libri, ma predilige i romanzi ai racconti perché ama immergersi nelle storie, seguirne gli sviluppi e se la trama lo avvolge si rifugia, evadendo, in essa. Non è pertanto, a ben vedere, un’anomalia il numero consistente di pagine, né un’eccezione se si pensa alla saga di Harry Porter i cui romanzi della Rowling, malgrado la voluminosità, catturano i ragazzi.

Nel successo infine – non solo dei libri – vi è qualcosa di impiegabile: sembrerebbe quasi che il successo, per regole e dinamiche misteriose, generi e moltiplichi successo.
Il 24 maggio sarà in libreria il sequel de “I leoni di Sicilia”. S’intitola “L’inverno dei leoni” ed è ancora edito da Nord. Già, l’ ”inverno”, perché se nel primo romanzo l’Auci ha raccontato la clamorosa scalata di una famiglia partita povera da Bagnara Calabra fermandosi all’800, nel secondo si sofferma sulla parabola discendente dei Florio attraversando il passaggio tra il XVIII e XIX secolo e la Belle Èpoque con protagonisti Vincenzo e Ignazio Florio junior con la sua consorte Franca, “la donna più bella del mondo”, come venne definita.

Sono i Florio più conosciuti: Vincenzo per la Targa Florio, Ignazio perché tombeur de femmes come pochi, Franca per il suo fascino ed eleganza esaltati dai ritrattisti dell’epoca (Boldini su tutti) e dai poeti (D’Annunzio fra gli altri). Nadia Terranova, principale sponsor dell’Auci, afferma: “L’Auci torna a intrecciare la storia delle storie, la forza alle fragilità, la magnificenza al decadimento”. E già si prepara la fiction televisiva.

Dalle anticipazioni e da quanto rivelato dall’Auci in più di un’intervista, “L’inverno dei leoni” punta sulla ricostruzione della storia e soprattutto sullo scavo psicologico dei personaggi, di Franca in particolare, con nello sfondo le traversie economiche che conducono i Florio al declino, complice gli sfarzi di una famiglia borghese che perde il mordente della borghesia e fa propri i vezzi e i vizi dell’aristocrazia.

E la loro é una storia, per dirla con Orazio Cancilia, che ha la sorte di quelle famiglie “che iniziarono in maniche di camicia e, nel corso di tre generazioni, si ritrovarono in maniche di camicia”.