La banca che anticipò il buco nero del sistema creditizio nazionale. Sull’ inedita storia del miraggio economico del Banco di Sicilia pubblichiamo l’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia dall’ecomomista e saggista Salvatore Butera
Eutanasia di una banca
Speranze e fallimenti incrociati. Banco di Sicilia e Regione siciliana: due storie intrecciate e inscritte l’una nell’altra. L’implosione di un sistema creditizio, che anticipa il buco nero dell’attualità politica siciliana.
Fra le tante, e scomode, verità che rivela il volume appena edito “Storia del Banco di Sicilia” (Donzelli pagg.600) ve ne sono molte inedite e clamorose.
Il Banco era un colosso dai piedi d’argilla. Scopriamo infatti che l’istituto di credito che arrivò ad avere oltre 8000 dipendenti, sette filiali all’estero, di cui due negli Stati Uniti, e che in Sicilia rappresentava la maggiore realtà produttiva, incredibilmente era carente di una consistenza patrimoniale adeguata alla massa degli impieghi. Non tutti e non sempre affidabili, o come si dice in gergo di tripla AAA.
“Siete fuori dal sistema bancario” tuonò a metà degli anni ’50 lo storico Governatore della Banca d’Italia Donato Menichella, successore di Einaudi a Via Nazionale, esasperato dalla soffocante ingerenza della politica nella gestione del credito in Sicilia. E non era che l’inizio.
“Molte gravi storture, ma anche un decisivo contributo alla ricostruzione post bellica e allo sviluppo economico e industriale dell’Isola. Col notevole apporto dell’impegno personale di amministratori del calibro di Parravicini, Savagnone, Salamone, a fronte di un mondo politico sordo e a una Banca d’Italia non sempre tenera nei confronti del Banco” sottolinea l’economista ed editorialista Salvatore Butera, già dirigente centrale del BDS, per oltre un quindicennio alla guida del Servizio Studi della Banca, e poi a lungo presidente e consigliere della Fondazione Banco Sicilia.
Butera ha coadiuvato gli autori di “ Storia del Banco di Sicilia”, coordinata da Pier Francesco Asso, ordinario di storia economica presso l’ Università di Palermo, come compagno di strada per aggiungere alla loro capacità scientifica quel po’ di esperienza diretta e di ricordi che sono serviti ad integrare opportunamente con piccoli aggiustamenti i testi che venivano via via stesi e che Butera ha avuto il privilegio di leggere in anteprima.
- Come sintetizzare un lavoro di questa mole che merita una lettura attenta?
“ Come la radiografia del complesso rapporto fra il Banco e la Sicilia. Da un lato la governance del Banco, che dalla fondazione nel 1867 e fino alla fine, fu costantemente caratterizzata da forti contrasti fra Presidenza, Direzione Generale e gli organi collegiali in cui sedevano i numerosissimi rappresentanti della sfaccettata, per non dire altro, realtà sociale politica ed economica della regione. Fin dall’inizio il Banco dovette fare i conti con un vero e proprio parlamentino di circa cinquanta personaggi, con le loro cariche multiple e tutto l’intreccio di potere e sottopotere che nel Banco trovava espressione che aveva voce in capitolo su tutti gli affari della banca. Valgano per tutti gli oscuri retroscena dell’assassinio del Direttore Generale Emanuele Notarbartolo, nel 1893”
- Degenerazione politica o carenza di gestione?
Entrambe. Oltre all’effetto clientelare, il debole tessuto economico dell’Isola non consentì mai al Banco, costretto nella sua rete in larghissima misura siciliana, di fare impieghi profittevoli come avveniva in altre regioni del Paese per vari istituti di credito come ad esempio il San Paolo in Piemonte e il Monte dei Paschi in Toscana.
- Le fonti?
“ Di assoluto rilievo. Si tratta di un libro di storia senza se e senza ma, di storia economica ma anche politica e sociale condotta esclusivamente sui documenti degli archivi storici del Banco e della Banca d’Italia, con tutti i verbali e la corrispondenza allegati. E’ un libro prezioso per la ricchezza del tessuto, dell’apparato bibliografico e di note dettagliatissime e molto utili”
- L’inizio della fine?
“Dagli anni ’70. Nel Banco permanevano gravi carenze più volte riscontrate nelle pesantissime ispezioni della Vigilanza, in fatto di sofferenze creditizie, gestione del personale, di rete di sportelli, di organizzazione interna. Questi gravi difetti, mai sanati, determinarono il deterioramento delle condizioni di bilancio e l’assorbimento dopo il 1991 in gruppi creditizi di portata nazionale e soprattutto condussero dritti dritti alla definitiva scomparsa del Banco. Vicende che non potevano essere materia di storia, ma semmai della cronaca convulsa degli ultimi anni fino all’incorporazione, prima in Capitalia e poi in Unicredit.”