Raggi assolutori
Incubo dissolto, Raggi assolta. Il fatto non costituisce reato: questa in sintesi la ratio della sentenza assolutoria che rilancia l’amministrazione capitolina di Virginia Raggi, da un anno sottoposta alla crocifissione mediatica per la vicenda delle nomine.
L’inchiesta giudiziaria si era conclusa con una imputazione di falso in atto pubblico. Dopo la gogna mediatica seguita alle testimonianze degli ex collaboratori e allla requisitoria della Pubblica accusa, conclusasi con una richiesta di condanna a 10 mesi, solo in parte l’assoluzione restituisce serenità alla Sindaca.
Una serenità messa a dura prova la notte prima della sentenza. Una notte vissuta già come una condanna mediatica. Una notte insonne, col rimbombo della condanna a 10 mesi per falso chiesta dal Pubblico Ministero, che Virgina Raggi ha trascorso alternando rabbia e ricerca di vie d’uscita.
Rabbia nei confronti dei vertici 5Stelle che l’hanno scaricata nel timore di far precipitare ulteriormente la loro già compromessa immagine governativa e individuazione di una dignitosa exit strategy.
Scartata l’idea iniziale di un brevissimo video di eventuali dimissioni, la Sindaca avrebbe invece valutato se non fosse stato il caso di rivelare davanti alle telecamere dei social network cosa c’era dietro l’avvitamento della sua amministrazione: interessi, diktat e corresponsabilità, politiche e amministrative di chi l’aveva mandata allo sbaraglio.
E’ evidente, secondo Virgina Raggi, che Luigi Di Maio la scaricava per dirottare alle elezioni capitoline Alessandro di Battista, il leader emergente dei grillini in rivolta contro il governo con la Lega. Di Battista che a dicembre rientra dall’America Latina è l’unico antagonista interno che può insidiare la leadeschip a Di Maio. Candidarlo al posto della Raggi significava impelagarlo nella palude dell’eredità dell’amministrazione uscente e distoglierlo dalla scalata al vertice nazionale.
Per i potentati economici e la politica romana la corsa al dopo Raggi era già iniziata da mesi:
5 Stelle
Alessandro Di Battista conserva un’immagine politica intatta e per questo veniva considerato l’unico candidato in grado di reggere all’onda d’urto dei romani delusi, di convincere gli scettici e di guadagnare nuovi consensi. Reduce da un lungo viaggio in sud America, sulle orme di Che Guevara e dei rivoluzionari sandinisti, il dirottamento su Roma del sub Comandante Di Battista avrebbe avuto il pregio di disinnescare l’inevitabile concorrenza nei confronti di Luigi Di Maio, che colleziona una brutta figura dietro l’altra. Se Di Battista non si fosse lasciato convincere a candidarsi e a rischiare di rimanere travolto dalle macerie dell’amministrazione uscente, i 5 Stelle avrebbero potuto mettere in pista la Vice Presidente della Camera Paola Taverna o l’ex capogruppo a Montecitorio Roberta Lombardi
Lega & Centrodestra 
Sondaggi e strategie politiche avevano già fatto rientrare la ventilata canditatura di Giulia Bongiorno. Per non spaccare il centrodestra e soprattutto non rischiare di perdere la chance di conquistare il Campidoglio, Matteo Salvini ha comunque già incardinato a futura memoria la candidatura di Giorgia Meloni. Un endorsement che toglie una spina del fianco al leader della Lega e gli facilita ulteriormente l’inglobamento di Forza Italia che sta vivendo l’incubo della prospettiva dell’inevitabile diluvio dopo il Cavaliere
Pd
Al Nazareno la nuova corsa elettorale per il Campidoglio stava rianimando un partito che secondo i sondaggi non si è ancora ripreso dall’effetto Renzi. L’orizzonte più vasto delle candidature alla Segreteria e al dopo Raggi, aveva attenuato l’asprezza del confronto interno. In attesa di scoprire chi sarà il candidato renziano alla Segreteria, Nicola Zingaretti, Francesco Boccia, Maurizio Martina e l’ancora indeciso Marco Minniti avevano comunque già stretto alleanze e promesso appoggi e sostegni ai candidati in pectore per Roma. Dietro le quinte si prospettava infatti una possibile scesa in campo di Paolo Gentiloni e un clamoroso ritorno di Walter Veltroni, per il quale si era già mosso anche il deus ex machina della sinistra romana Goffredo Bettini.