Inconsapevolmente o meno, nel “Gattopardo” lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa fa dire al Principe di Salina una frase che si addice al figlio adottivo Gioacchino Lanza Tomasi, scomparso a Palermo all’età di 89 anni: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni. Quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene. E tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”.

Musicologo annoverato fra i massimi studiosi del teatro d’opera e dell’evoluzione del melodramma nel teatro contemporaneo, Gioacchino Lanza Tomasi è stato in effetti davvero il sale della memoria del celebre romanzo, pubblicato postumo del 1958, e della cultura letteraria che ha avuto come baricentro, da Lucio Piccolo a Leonardo Sciascia a Gesualdo Bufalino a Roberto Andò, il contesto gattopardesco di una Sicilia incommensurabile scrigno di arte e cultura e nel contempo epicentro storico di occasioni mancate e di tragedie.
Ne fanno fede la lunga e meritoria attività direttiva e organizzativa al Teatro dell’Opera di Roma, al San Carlo di Napoli e al Teatro di Bologna, nonché all’ Istituto Italiano di Cultura di New York e nel 2000 la consulenza per lo più autobiografica al film “Il manoscritto del Principe “ del regista e scrittore Roberto Andò.
Un prezioso affresco cinematografico sullo sfondo della singolare e crepuscolare esistenza di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e di un romanzo destinato a segnare la storia letteraria del Novecento.
Un’epopea di Gattopardi e Leoni che la scomparsa di Gioacchino Lanza Tomasi rischia di lasciare orfana a lungo, in attesa di chi saprà raccoglierne l’eredità letteraria.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1