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Giustizia e coscienza civile la strada di Falcone e Borsellino

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

by Augusto Cavadi

Siamo a trent’anni esatti dalle stragi mafiose del 1992 (23 maggio: Capaci, con l’eccidio di Giovanni Falcone, la moglie il magistrato Francesca Morvillo, 3 uomini di scorta; 19 luglio: via D’Amelio, con il massacro di Paolo Borsellino e cinque agenti di Polizia).

Ricordarle comporta il rischio di vacua retorica, tacerne la colpa dell’ingratitudine. Quasi sottovoce, dunque, possiamo solo confessare il desiderio di perseverare lungo la stessa strada percorsa da questi due giudici, come da tante persone prima e dopo. Non pedissequamente, ma creativamente. Giustizia e coscienza civile la strada di Falcone e Borsellino

Che potrebbe significare ciò in concreto?

Innanzitutto, autenticarsi con le azioni prima, e più, che con le parole. Le denunce, le invettive, le esortazioni sono necessarie, non sufficienti. Esse traggono linfa dalla professionalità di chi – magistrato o politico, giornalista o prete, sindacalista o insegnante – le pronunzia e diffonde. Ognuno nel proprio ambito di lavoro è posto ogni giorno davanti a bivi : ascoltare la coscienza o gli umori della maggioranza, dire ciò che si ritiene vero o ciò che so risultarmi utile, operare nell’interesse del corpo sociale o della propria corporazione, dedicarsi a colmare le lacune della propria preparazione o a nasconderle con la brillantezza dell’eloquio?

Più si conoscono i dettagli della vita dei nostri martiri civili, più si capisce che la loro morte è decifrabile solo come epilogo di un certo modo di esistere. E che non sono grandi perché sono stati uccisi, ma sono stati uccisi perché grandi.

Giustizia e coscienza civile la strada di Falcone e Borsellino
Paolo Borsellino e Giovanni Falcone

La loro statura professionale si presta ad essere apprezzata da varie angolazioni tra le quali vorrei sottolinearne una poco visitata: la forza con cui seppero combattere la mafia senza adottare metodi violenti. Non posso in poche righe sintetizzare ciò che ha scritto in proposito il mio amico, sociologo, Vincenzo Sanfilippo (cfr. https://www.augustocavadi.com/2018/07/lotta-nonviolenta-alla-mafia.html ),ma qualche motivo lo voglio accennare.

L’atteggiamento nonviolento autentico non è debolezza, rinunzia al conflitto, resa al nemico: è volontà di combattere e di vincere in maniera più incisiva e duratura di quanto non consentano le armi tradizionali. Ma per fare questo devi saper distinguere, già nel tuo sguardo, l’errore dall’errante o, come diceva Paolo Borsellino a sua sorella Rita, il mafioso dalla persona umana. Il primo lo devi destrutturare, l’altro lo devi sollecitare a ritrovare il suo sé più profondo. Giustizia e coscienza civile la strada di Falcone e Borsellino

Questa (non facile) distinzione è possibile se, con Giovanni Falcone, ammettiamo una verità scomodissima: che ogni mafioso, lungi dall’appartenere a una razza mostruosa a parte, ci rassomiglia due volte.

Ci rassomiglia in quanto anche in lui c’è qualche residuo di qualità stimabili: egli è un impasto di malvagità e cupidigia, ma non è solo questo.

E ci rassomiglia in quanto anche in noi – come soggetti e come corpo sociale – c’è qualcosa di malato, di inaccettabile: noi siamo impasto di onestà e solidarietà sociale, ma non siamo solo questo.

Ogni essere umano è un intreccio di intelligenza e stupidità, altruismo ed egoismo, laboriosità e parassitismo, piacere di condividere e gusto di dominare: nessun taglio netto è possibile, è questione di proporzioni. Giustizia e coscienza civile la strada di Falcone e Borsellino

Se tanti soggetti – interni, a vario titolo, alle cosche mafiose – si sono decisi ad aprirsi a questi due magistrati sino a collaborare con la giurisdizione istituzionale non è avvenuto solo per auto-difesa, per calcolo di convenienza, per mancanza di alternative migliori, ma perché – come hanno  ribadito, da  Tommaso Buscetta a tanti altri – non sono stati trattati riduttivamente come parti malate, da isolare e rendere inoffensive, di un organismo sano (che sarebbe l’intera società attuale!): si sono visti riconoscere un nucleo irriducibile di dignità che sarebbe potuto emergere allo scoperto solo se aiutati a liberarsi dai ceppi relazionali di una vita immersa nella melma.

So bene che queste prospettive sono talmente lontane dalla mentalità comune da risultare quasi sempre o incomprensibili o inaccettabili: non si è detto perfino che Falcone e Borsellino, ai quali si deve l’inedita e storica vittoria giudiziaria del maxiprocesso di Palermo, fossero stati “sedotti” dal fascino della mafia?

In ogni contesa, privata o pubblica, proiettare sull’avversario tutti i vizi del mondo, sino a rappresentarlo come il “Male assoluto”, riesce rassicurante. La storia insegna, però, che – con questo canovaccio – la vittoria non è assicurata. E, quando si ottiene, non si rivela alla lunga una vera vittoria. Giustizia e coscienza civile la strada di Falcone e Borsellino

 

 

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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