Pubblichiamo l’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia dal super esperto Marco Ponti incaricato dal Ministero delle Infrastrutture di valutare costi e benefici delle grandi opere
Gestione del potere e consenso elettorale. La rotta di collisione che sulle grandi opere e le infrastrutture contrappone il Movimento 5 Stelle e la Lega, lascia intravedere due diverse strategie politiche.
L’ allargamento e il consolidamento della base elettorale per La Lega e la conquista di nuovi consensi ambientalisti per grillini.
La rilevanza dell’esito del confronto – scontro riguarda non solo la capacita di razionalizzare i mega appalti in corso ma, soprattutto, l’opportunità per il Mezzogiorno e la Sicilia di tamponare, con un piano di investimenti per la realizzazione di infrastrutture, il grande divario dello sviluppo esistente col resto del Paese.
“A priori nessuna grande opera può essere considerata essenziale, come nessuna può essere esclusa. Il dramma è che in Italia l’applicazione dei criteri costi e benefici è quasi sconosciuta” afferma Marco Ponti, professore emerito del Politecnico di Milano ed uno dei più ascoltati arbitri tecnici del braccio di ferro Lega – 5Stelle.
Considerato uno dei massimi studiosi del settore dei trasporti, il Prof. Ponti è stato infatti appena nominato consulente del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’ambito della Struttura Tecnica di missione per procedere ad una completa e obiettiva analisi costi-benefici delle opere in via di realizzazione. A cominciare dalla Tav Lione Torino, fino al progetto per il Ponte di Messina.
- Come si applicano i criteri costi benefici?
“
E’ una procedura standard seguita in tutto il mondo. I costi sono quelli di costruzione ed esercizio, i benefici sono i risparmi di tempo per merci e passeggeri, i costi ambientali generati e risparmiati, le variazioni di sicurezza e l’occupazione. Poi bisogna tener conto dei benefici nel tempo per la collettività. L’operazione si chiama “attualizzazione”, e si usa un saggio di sconto indicato dalla Commissione Europea. E comunque occorre essere prudenti perché i costi sono certi, mentre i benefici assai meno”.
- Il ponte sullo stretto di Messina rientra nelle prossime valutazioni?
“Per ora no. Non era sul tavolo nemmeno per il governo precedente, che ne aveva parlato, ma non aveva mai disposto studi e analisi che ne giustificassero la realizzazione. Può essere che lo si dovrà analizzare in una fase successiva.”
- Prospettive infrastrutturali per il Mezzogiorno?
“Il Sud e la Sicilia in particolare hanno bisogno di tecnologie, non certo di cemento! Del resto il settore dei mega appalti è notoriamente presidiato, certo in forme moderne, dalla criminalità organizzata. Non occorrono più coppole e lupare, bastano bravi finanzieri ed avvocati”
- Quando la realizzazione di un’opera è in stato d’avanzamento si può interrompere?
“Tutto si può fare per non sprecare preziosi soldi dei contribuenti. Ma è ovvio che se un’opera è oltre il 50% della costruzione di solito i conti dicono che, anche se i costi totali sono superiori ai benefici, conviene finirla, perché in proporzione costa poco. Fare questi conti ha anche il vantaggio di evidenziare scelte passate indifendibili, o peggio…”
- Ci sono divergenze anche sullo stop alla fusione Ferrovie Anas?
“Le analisi costi benefici sono molto diverse dalle analisi finanziarie, costi-ricavi, che per le infrastrutture ferroviarie non si possono nemmeno fare, perché interamente a carico dello stato. Ma certo creare un gruppo che dipende sostanzialmente da trasferimenti pubblici ancora più potente e monopolistico ha suscitato molte perplessità tra gli studiosi”
- Sulle grandi opere 5 stelle e Lega sono su fronti opposti come se non facessero parte dello stesso Governo. E’ operativamente possibile?
“Posso solo dire che è legittimo avere idee diverse. Anche il governo precedente voleva farle tutte, le grandi opere. Ma mi sembra meno legittimo non fare i conti. Poi la politica può anche decidere diversamente, ma deve spiegare bene perché. Le “scelte del principe” non possono essere totalmente arbitrarie. Lo sosteneva anche il padre dell’economia di mercato Adam Smith duecento anni fa, che pure difendeva le opere pubbliche necessarie.”