P A G I N E
Rubrica di critica recensioni e anticipazioni
Un Barone siciliano doc, cugino dell’autore del Gattopardo ed attento all’aldilà. Aleggia attorno all’epopea del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa il viaggio nell’universo magico dell’ultimo barone di Calanovella, Casimiro Piccolo, nato nel 1894 e morto a Palermo il 4 dicembre 1970. Un personaggio tratteggiato in vari particolari inediti nel libro “I segreti di Casimiro Piccolo“, scritto da Giuseppe Ruggeri, pubblicato da Giambra Editori.
Ruggeri racconta, di aver avuto una notte un dialogo proprio con il fantasma del barone che era considerato un’autorita’ in metapsichica e il suo nome era ben noto negli ambienti americani d’oltreoceano. Perfino la rivista americana Atlantic parlava di lui come se fosse un chiaroveggente.
“A tavola ci sedevamo curando sempre di apparecchiare il posto di mamam anche dopo la sua dipartita. Io ne avvertivo nitidamente la sua presenza, udivo perfino la sua voce che m’indicava quali fossero le quantità di bevande e cibo che si doveva somministrarle”. Era un rituale che si ripeteva ogni giorno, racconta nel libro di Ruggeri il barone Casimiro Piccolo di Calanovella, fratello della botanica Agata Giovanna e del poeta Lucio e cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che scrisse il famoso romanzo “Il Gattopardo.
Lui non credeva all’esistenza di un confine tra corpo e anima. Ma oltre a quelle degli spiriti, le passeggiate notturne di Casimiro registravano pure la presenza di “strane creature che gli capitava di rinvenire, affermava, ai piedi degli alberi, su una pianta, su un punto indefinito del cielo, ovunque insomma la sua sbrigliata fantasia lo spingesse a immaginarli”. Ed erano proprio questi personaggi a ispirare la vena artistica del barone: Elfi, fate, gnomi, folletti, streghe, ritratti al ritorno dalle lunghe passeggiate all’interno del parco della villa, prendevano forma nei suoi acquarelli, 34 in tutto realizzati tra il 1943 e il 1970.
Ora sono esposti nella “Casimiroteca” presso la fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella a pochi chilometri da Capo d’Orlando in provincia di Messina.
Giuseppe Ruggeri scrive che il barone gli confidò di non aver mai amato la luce e chele persiane della sua stanza restavano sempre chiuse perché dormiva tutto il giorno e si alzava nel tardo pomeriggio.
Poi elegante e computo nell’ abito scuro caratterizzato da un papillon, “disseminava ciotole d’acqua dappertutto, in casa e in ogni angolo del giardino per abbeverare le creature che avrebbe evocato”.
Con la sua macchina fotografica cercava inoltre di fermare le loro immagini sulla lastra per dar conferma della loro esistenza.
“Per Casimiro, la fotografia – ricorda nel volume il cavaliere Carmelo Germanà figlio di Giuseppe che fu amministratore della famiglia Piccolo di Calanovella – costituiva un’arte vera e propria alla quale dedicava molto tempo e attenzione. Si faceva inviare le pellicole direttamente dagli Stati Uniti. Casimiro catalogava minuziosamente ogni foto in base ai parametri tecnici. In quei tempi la fotografia era roba per intenditori come lui, che stavano ore e ore prima di realizzare lo scatto e sviluppavano le immagini in camera oscura curando che la resa fosse il piu’ possibile nitida ed esteticamente apprezzabile”.
“I fratelli Piccolo, specie Lucio e Casimiro, sono apprezzati e conosciuti dal pubblico a patto che accanto alla loro bravura si parli delle loro stranezze. – sottolinea nella prefazione Andrea Italiano – Ecco, fermandoci a Casimiro, credo che sia finalmente giunto il tempo di superare questo binomio, che alla fine é un ostacolo per il riconoscimento globale della caratura assoluta della sua capacità di essere artista, quindi in nuce visionario, trasgressivo, originale. Folle”.
“Ad esempio, quanti guardando i film della saga del ‘Signore degli anelli – prosegue – hanno pensato ai folletti, agli stregoni, agli gnomi di Casimiro? Pochi, anzi pochissimi. Eppure credo che per qualche strana via della conoscenza quei personaggi, le loro fisionomie, persino il loro comportamento, debbono qualcosa alla creatività del nostro nobile artista”.
Il primo Immortale italiano all’Académie Française
Lo scrittore Maurizio Serra, 64 anni, già ambasciatore d’Italia all’Unesco, sarà il primo italiano a entrare tra i 40 “immortali” di Francia. Serra è nato a Londra nel 1955 ed è diplomatico di carriera. Ha prestato servizio a Berlino, Mosca, Londra e a Parigi e Ginevra rispettivamente come Rappresentante presso l’Unesco e come Rappresentante permanente presso l’Onu. Ha diretto l’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari esteri ed ha insegnato storia delle relazioni internazionali all’Università Luiss di Roma.
Serra è stato eletto, infatti, all’Académie Française e occuperà il seggio numero 13 che fu di Simone Veil, scomparsa il 30 giugno 2017.
E’ stato scelto al primo turno con 17 voti a favore, mentre una preferenza è andata a Eduardo Pisani. Con la nuova elezione, l’Académie Française conta ora 36 ‘immortali’, quattro scranni restano ancora vacanti.
Il saggista scrive direttamente in italiano e francese. Maurizio Serra ha scritto numerosi volumi sulla cultura del Novecento, molti dei quali tradotti in Francia dalle case editrici Grasset, Le Seuil e La Table ronde.
E’ autore di numerosi saggi , libri e biografie e fra gli innumerevoli premi gli sono stati assegnati il Prix Chateaubriand e il Prix Fondation Prince Pierre de Monaco entrambi nel 2018 ed il Prix de l’Académie des Littératures nel 2019.
Fonte: Ansa Adnkronos