Messa di fronte alla prova della rapida approvazione della riforma del Csm varata dal Governo, riforma ufficialmente applaudita ma con un alto tasso di riserve mentali da parte dei singoli partiti, l’onda lunga dei peones del Parlamento potrebbe accentuare l’ “effetto Mattarella” e trasformarla nel trampolino del rilancio della premiership di Mario Draghi.
In caso contrario, visti da una parte l’incalzare dei venti di guerra in Ucraina, con la conseguente valanga di ulteriori rincari energetici, e dall’altra le crisi evidenti o latenti dei 5Stelle e della Lega, con annesso centrodestra, un eventuale stravolgimento dei cardini della riforma del Csm accelererebbe la riproposizione del fantasma della svalutazione economico-politica incombente sugli assetti della maggioranza.
Svalutazione? Analizzate in controluce, le agende dell’economia e della politica intersecano la prospettiva di una svalutazione di fatto, determinata dal peso insopportabile dei costi energetici e dalle conseguenze del default per il Quirinale di quasi tutti i partiti.
Anche se non va confusa con l’inflazione, il ritorno dell’incubo del debito pubblico, la perdita del valore dei salari sommata al rischio dell’esaurimento della ripresa e all’incognita della politica, lasciano intravedere scenari da stagflazione.
Scenari diversi nella forma, ma sostanzialmente analoghi nella sostanza a quelli che prima dell’avvento della moneta unica determinavano le svalutazioni monetarie, ovvero in questo caso la riduzione del valore d’acquisto dell’euro che, anche se su base europea, avrebbe pesantissime ricadute per gli italiani.
Da gennaio al primo punto dell’ordine del giorno del Governo, le misure per arginare il caro bollette saranno al centro anche degli interventi della settimana entrante di Palazzo Chigi e del Ministero dell’Economia. Se i costi verranno scaricati esclusivamente sul debito pubblico, la tenuta dei conti potrebbe tuttavia lievitare fino al livello di guardia.
La svalutazione della politica riguarda invece l’evidente perdita dell’incidenza dei partiti, evidenziata dalla battaglia parlamentare conclusasi con la rielezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Di settimana in settimana, leader e forze politiche si confrontano sui provvedimenti economici e anti pandemia del Governo e sugli emendamenti della riforma del Csm che sarà discussa a marzo dal Parlamento. Una svolta sulla quale ruota il completamento della ben più ampia riforma della giustizia, che consentirebbe di aumentare di almeno due punti il Pil. Prodotto interno lordo sul quale attualmente incidono, anche rispetto ai mercati internazionali, le conseguenze economiche dei forti ritardi e delle gravi storture della macchina giudiziaria, denunciati nel discorso d’insediamento del Capo dello Stato.
La political devaluation, come con sarcasmo e snobismo british gli ambienti istituzionali preferiscono chiamare la svalutazione politica, riguarda in misura differente tutti i partiti. Con un picco di cause ed effetti per il Movimento Cinque Stelle, alle prese con un intricato contezioso politico-giudiziario che rappresenta la metafora di quanto affermava il Cardinale Carlo Maria Martini, secondo il quale “la politica è l’unica professione senza una specifica formazione ed i risultati sono di conseguenza”.
In realtà la svalutazione politica dei grillini è quantificata dalla progressiva erosione dei consensi, che dal quasi 33% delle politiche del 2018 si sarebbero quanto meno dimezzati. Come evidenziano, se non i sondaggi, i dati certi degli insuccessi alle recenti regionali e amministrative. La settimana prossima sarà decisiva, dopo l’intervento diretto di Beppe Grillo a Roma, al capezzale del movimento, per capire che impatto avrà il marasma dei 5 Stelle e se l’ala governista che fa capo a Luigi Di Maio ricucirà con il leader in bilico Giuseppe Conte. Per il movimento la settimana di San Valentino potrebbe essere caratterizzata dalla scissione o dall’avvio della conta congressuale.
Evidente anche la progressiva svalutazione politica della Lega dopo la fallita rincorsa dilapida candidature per il Colle. Assieme alla contrazione del sentiment degli elettori da più parti viene messa in discussione la leadership di Matteo Salvini, anche in relazione all’implosione del centrodestra e al braccio di ferro con Fratelli d’Italia. Una situazione d’insieme che senza una svolta, secondo le voci di dentro di via Bellerio, potrebbe compromettere i risultati della Lega alle politiche del 2023.
Per Forza Italia il valore aggiunto e insieme l’indice di svalutazione politica è direttamente proporzionale al ruolo e al protagonismo di Silvio Berlusconi. Con una variabile governativa, relativa alla crescente condivisione della Premiership di Mario Draghi da parte dei ministri Brunetta, Carfagna e Gelmini.
Dietro l’imperturbabilità del Nazareno e l’oggettiva messa all’incasso politico del secondo mandato di Mattarella, si celano le crepe dei contrasti fra le correnti in vista delle scelte delle candidature per le politiche e le preoccupazioni per la deriva degli alleati grillini. Quel che più impensierisce la segreteria del Pd, che ha avviato un’operazione di distinzione e identificazione della politica dem, è l’eventuale spread fra la presenza del partito sul territorio, il “ritorno” dell’azione di governo e le indistinte valutazioni complessive dell’elettorato soprattutto giovanile, ma anche della classe media, dopo le ondate della pandemia.
Considerato l’unico partito esente dalla svalutazione politica, Fratelli d’Italia potrebbe tuttavia risentire di un’eventuale rigenerazione di un centrodestra spostato sempre più al centro. Fino adesso l’abilità strategica e dialettica di Giorgia Meloni ha consentito di guadagnare consensi a scapito della Lega , di Forza Italia e dei 5Stelle , ma il punto di gravità permanente del successo alle politiche del 2023, come oltre Guido Crosetto confermano tutti gli indicatori e le statistiche, si raggiunge intercettando l’opinione pubblica moderata e centrista. Come dire che è impossibile varcare il portone di Palazzo Chigi se non c’è l’Italia che te lo apre.