Riforme, sviluppo ed Europa: i caratteri distintivi del 66° Governo della Repubblica sono netti e delineano un preciso orizzonte politico. Programma e Ministri evidenziano un background ideale comune e si muovono nella stessa direzione, quella della piena attuazione della Costituzione.
Una svolta distinta e distante anni luce, rispetto al precedente esecutivo Salvini- Di Maio.
La radiografia politica del Conte bis parte dal Presidente del Consiglio,che da civil servant con aplomb british, è diventato il protagonista della mutazione genetica politica del Paese, che è passato nel giro di un anno dalla deriva sovranista, all’originaria identità costituzionale laica e europeista.
Lo snodo del cambio di passo è rappresentato dal discorso del Premier in Parlamento, dopo il clamoroso autogol di Ferragosto del leader della lega. Parole calibrate, in fatto e in diritto, come soltanto un esperto avvocato sa fare quando si trasforma in implacabile accusatore.
Un j’accuse quello di Giuseppe Conte che smaschera e inchioda al fallimento l’ ambizione di Salvini e che contemporaneamente evidenzia subliminalmente anche le linee programmatiche essenziali della nuova maggioranza che poi in effetti sboccia e si concretizza.
La disamina del nuovo governo comprende l’elaborazione del lutto della vice Presidenza del Consiglio perduta da Luigi Di Maio, che puntando i piedi ha finito per farsi soffiare pure la leadership del Movimento 5 Stelle. Un Di Maio che agli Esteri rischia una magra figura dietro l’altra.
Per Dario Franceschini,autore dello scacco matto a Di Maio dell’abolizione dei vicepremier, il ritorno al Ministero dei Beni Culturali segna invece il riconoscimento della lungimiranza e della coerenza con la quale ha teorizzato fin dalle politiche del 2018 l’alleanza fra le omogeneità politiche dei grillini e del Pd. Omogeneità confermate dalle disastrose esperienze per i 5 Stelle del contratto di governo con la Lega, che era la negazione della politica.
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Il riaggancio con l’Europa, dopo l’incipit dell’alleanza a Bruxelles per l’elezione del Presidente della Commissione e del Parlamento europei Ursula von der Leyen e Davide Sassoli, è garantita dal neo Ministro dell’Economia. Roberto Gualtieri conferisce al Conte bis una dote di notevole portata: l’appoggio della Bce, tanto nella versione attuale, con la Presidenza in scadenza di Mario Draghi, che con quella che subentrerà a novembre di Cristine Lagarde.
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Evidente anche l’abile valenza politica, oltre che di garanzia istituzionale, della ratio della nomina di un Prefetto esperto come Luciana Lamorgese a Ministro dell’Interno. Passata la nottata dello stravolgimento salviniano, il Viminale riacquisisce il ruolo di esempio e di garante della sicurezza e del rispetto dei diritti costituzionali e non lascerà margini a pretestuose polemiche sull’emigrazione.
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Lorenzo Guerini alla Difesa mette a frutto il know-how della Presidenza del Copasir, mentre Paola De Micheli alle infrastrutte è attesa alla prova della Tav, dell’Alitalia e della grave contraddizione economica rappresentata per lo Stato dalle concessioni autostradali.
Per l’innovazione tecnologica, il Lavoro, le Politiche Agricole, la Salute, l’Istruzione, la Pubblica amministrazione, le Regioni ed il sud, ci si attende che l’entusiasmo dei nuovi Ministri, Paola Pisano, Nunzia Catalfo, Teresa Bellanova, Roberto Speranza, Lorenzo Fioramenti, Fabiano Dadone, Francesco Boccia e Giuseppe Provenzano riesca vincere una battaglia decisiva, quella contro il mostro della burocrazia che paralizza il Paese e infrena lo sviluppo. Tanto da rischiare di bloccare sul nascere le notevoli chance di un’Italia 4.0 che davvero si prospettano.
Assieme ai Ministri l’orizzonte del nuovo Governo è rischiarato anche dai favorevoli auspici della matematica e della numerologia. Secondo un approccio di tipo simbolico infatti il 66 è considerato il numero della donna e della femminilità e indicherebbe inoltre una importante diminuzione del rapporto col trascendente, strettamente connessa al fatto di affidarsi esclusivamente all’inteligenza e alla ragione, tralasciando le tradizioni religiose.
Una prospettiva laica, dunque, che coincide con la visione di un nuovo umanesimo politico, al quale spesso si richiama il Presidente del Consiglio Conte.
Sul piano delle dinamiche politiche interne, i partiti della appena formata maggioranza, presentano diagrammi verticali molto diversi.
Il Movimento ha le sembianze di un vulcano, all’interno del quale coesistono spinte e controspinte. Una delle principali bocche eruttive, per il momento silente, è rappresentata da Alessandro Di Battista. Ma anche le esclusioni dell’ultimo moment dal governo di Barbara Lezzi e Giulia Grillo, e quelle preventivate di Trenta e Bonisoli, stanno provocando travasi di magma incandescente, che tuttavia ancora non fuoriesce dal vulcano.
All’interno del Pd è iniziato il riposizionamento. Il ritorno al Governo rappresenta un innegabile successo, che la segreteria di Nicola Zingaretti intende mettere subito all’incasso. La Leopolda di ottobre potrebbe segnare uno spartiacque col Nazareno. Prima di concludere eventuali convergenze con bersaniani e dintorni, Dario Franceschini e Goffredo Bettini attendono di verificare lo spessore delle presenze alle assise dei renziani. Anche quelle eventualmente provienienti da Forza Italia.
Per una sorta di coazione a ripetere, che risale alla scissione di Livorno del 1921 e che si è perpetuata fino ai Governi Prodi, la politica della sinistra ha sempre un retrogusto amaro. E talvolta autolesionista.