Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Sentimenti passioni amori e disamori. Storie di vita e vicende vissute
by Maria Tuzzo
Su un marciapiede poco distante da casa mia, accanto ai cassonetti della spazzatura, c’è un’aiuola rettangolare, sollevata da terra. Adesso contiene due piante ed è uguale a tante altre.
Fino a pochi mesi fa, invece, sul rettangolo di terra c’era un continuo avvicendarsi di piante, vere o finte ma sempre diverse, di fiori recisi dentro vasi di plastica, vetro o ceramica, d’ogni forma e colore, di bambole e pupazzi di ogni dimensione, di stoffa oppure di plastica: un tripudio di peluche, palloncini e giocattoli.
Un caos apparente perché, dopo ogni pioggia o giornata di vento, l’ improvvisato e bizzarro arredo urbano veniva misteriosamente risistemato con nuovi oggetti recuperati chissà dove.
Sapevo perché e il pensiero che qualcuno ricordasse mi confortava. Mi chiedevo però chi fosse ad occuparsene.
Un giorno, finalmente ho scoperto la sua identità. Mentre passeggiavo, ho visto arrivare un uomo in bicicletta. Ha scaricato fiori e bambole dalle ceste attaccate alla bici, le Ha sistemate con amorevole delicatezza, in bell’ordine, sulla terra ed è andato via.
In seguito i giornali hanno parlato dell’improvvisato memoriale e del gentile signore che lo curava, una persona schiva, e le foto sono girate su Internet.
Improvvisamente a qualcuno i colori vivaci e i giocattoli, talvolta sciupati, troppo grandi o troppo piccoli, hanno dato fastidio. Un fastidio insopportabile. Così ha ripulito l’aiuola e li ha buttati via, perché per lui erano privi di valore, nel vicino cassonetto, condannando all’oblio la tragedia consumatasi proprio lì, ad un passo.
Voglio sperare che non sappia che una notte d’inverno del 2014, una giovane donna abbandonò la sua bambina, nata da poche ore, dentro una borsa di plastica proprio dentro il cassonetto accanto all’aiuola. La donna aveva nascosto gravidanza e parto al marito e ai familiari. Quando la bambina venne trovata agonizzante da un barbone che frugava tra i rifiuti, era troppo tardi per salvarla.
I giornali raccontarono la storia della madre omicida. Valentina, ventun’anni era alla quinta gravidanza. I primi quattro figli erano bambini amati, cresciuti in una famiglia normale.
La vicenda venne minuziosamente analizzata da psicologi, neuropsichiatri, criminologi.
Si pensò da principio al frutto di una relazione adulterina. Ma non era così. La neonata, cui era stato negato tutto, era figlia della coppia. La madre aveva ucciso perché non la voleva, forse a causa di una forte depressione la cui gravità era sfuggita a tutti.
Mi sono chiesta tante volte, passando davanti dall’aiuola colorata e a suo modo festosa, perché non l’avesse lasciata proprio lì la sua bambina, adagiata sull’aiuola, avvolta in una coperta. Ho immaginato che un passante la salvasse.
Mi sono chiesta perché non avesse partorito in ospedale, rifiutandosi poi di riconoscerla, come la legge consente. Perché non avesse chiesto aiuto.
Vittima di una mente fragile o lucida assassina? Nessuna risposta. La conclusione di certe brutte storie è un punto ortografico. A confortarci restano la compassione e, talvolta, la memoria, almeno fino a quando qualcuno non decide altrimenti. maria.tuzzo64@gmail.com
Accanto agli infiniti, e purtroppo spesso retorici, risvolti di denuncia e di rivendicazione dell’otto marzo, la giornalista palermitana Maria Tuzzo ci ricorda che persistono dimenticate agli angoli delle strade le storie di tante, troppe, neonate non sopravvissute alla tragedia dell’abbandono materno subito dopo il parto. Neonate alle quali i disturbi mentali delle partorienti, il degrado sociale e le carenze assistenziali hanno negato il diritto alla vita. Ed é soprattutto a loro, nella memoria spezzata per sempre dei familiari, che viene dedicato ogni anno l’otto marzo. L’8 marzo delle donne mai cresciute !