War in the dark, la guerra invisibile e oscura. Conflitti combattuti con attacchi invisibili praticamente inevitabili compiuti con satelliti, droni, missili, laser e cyber blitz.
Non è cambiata la concezione della guerra di Sun Tzu, «per vincere è essenziale pianificare e usare più l’astuzia che la forza », e di von Clausewitz, «la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi»: è cambiata l’arte, il modo di combatterla.
Dalle battaglie si è passati alle cyber war combattute a colpi di algoritmi della morte. Loop cibernetici che si teme possano aver sconfinato anche nella bio chimica batteriologica, come inducono a pensare i dubbi e i sospetti sull’origine della pandemia di Covid 19 made in Cina.
L’invisible war è la risposta strategica degli Stati Uniti all’evoluzione tecnologica sempre più allarmante del terrorismo islamico e alla crescente aggressività di Cina e Russia dietro le ombre della guerra fredda cibernetica. Una strategia d’attacco e di difesa che traspare dalle convulsioni della tragedia ancora in pieno svolgimento dell’Afghanistan.
“Il rischio della guerra invisibile è che possa essere anche infinita, perché anche se colpiti i nemici si riproducono come l’Idra a sette teste” sostiene Arduino Paniccia, analista di strategie militari e geopolitiche, docente di Relazioni Internazionali e Presidente della Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia.
