Per Matteo Salvini non è solo una Mosca bianca, ma un caso da manuale di suicidio politico progressivo. Non il solo nell’ambito del centrodestra. Negli ambienti parlamentari ed istituzionali la diagnosi politica sull’ennesima mossa ad effetto di Salvini del vagheggiato viaggio a Mosca, un effetto débâcle aggiungono in molti, è pressoché unanime.

Da oltre due anni, dalla fatale estate del Papete, che gli costò l’uscita dal Governo, la perdita della Vice Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Interno, il segretario della Lega sta collezionando una impressionante serie di disastri politici: dalla sonora sconfitta alle amministrative del 2021, all’esclusione dal Governo Draghi, del quale fanno parte i Ministri leghisti Giorgetti, Garavaglia e Stefani, alle ripetute baldanzose sfide seguite da mortificanti marce indietro sulle chiusure anticovid, le riforme del catasto e della Giustizia e delle concessioni balneari decise da Palazzo Chigi; dalle dimissioni dei sottosegretari Armando Siri e Claudio Durigon, all’entusiastico appoggio ai leader internazionali di riferimento come Trump e Marine Le Pen, affondati dagli elettori americani e francesi; dalla riconferma al Quirinale del Presidente Mattarella al quale Salvini aveva opposto svariati candidati tutti naufragati in Parlamento, al clamoroso sorpasso elettorale subito da parte di Fratelli d’Italia; fino all’ultima figuraccia a reti unificate rimediata in Polonia con la clamorosa denuncia di filo putinismo rivoltagli platealmente da un sindaco.
Un record di autogol difficilmente superabile. Al quale sta per aggiungersi anche la nuova eventuale autorete del viaggio “pacifista” nella capitale Russa.
Una assolutamente inconcludente “missione” al Cremlino che imbarazza gli stessi russi perché scopre gli “altarini” dei rapporti trasversali che Mosca coltiva con i populismi europei.
Alle forti perplessità dei vertici di via Bellerio per la deriva salviniana che in due anni ha fatto perdere alla Lega oltre 15 punti percentuali di consensi elettorali, e si avvia ad un’altra pesante emorragia di voti alle amministrative di giugno, si è aggiunto il colpo di grazia della bocciatura senza appello espressa da Giorgia Meloni.

La leader di Fratelli d’Italia, che studia da Premier, si schiera talmente nettamente con la Nato e l’occidente contro Putin, l’invasione dell’Ucraina e la minaccia incombente della Cina, da spiazzare definitivamente oltre alla Lega anche Berlusconi e Forza Italia. Per non parlare di quel che resta del Movimento 5 Stelle, ormai precipitato in una inestricabile babele.
Storicamente, l’anatema di Giorgia Meloni nei confronti di Salvini chiude praticamente il cerchio dei suicidi politici dei leader del centrodestra.
Da quello di Gianfranco Fini, avvitatosi da Presidente della Camera in una spirale di paradossale rivolta contro il Premier in carica e leader del centrodestra, malcelate ambizioni personali e imbarazzanti vicende familiari, a quello di Silvio Berlusconi protagonista, da Presidente del Consiglio, di iniziative clamorose.
Un’epopea berlusconiana di cene eleganti e pseudo harem, fra le quali spiccano nell’aprile 2009 la partecipazione a Casoria alla festa di compleanno di una 18enne e soprattutto le due telefonate in prima persona dell’allora Premier alla Questura di Milano, il 27 maggio 2010, per perorare la fantomatica parentela di una giovanissima amica col Presidente egiziano Mubarak.
Un singolare tris di harakiri destinato a spianare la strada alla eventuale Premiership di Giorgia Meloni che in meno di cinque anni è riuscita a resuscitare il centrodestra dalla dissoluzione elettorale nel quale stava precipitando per effetto delle “mosse” a dir poco controproducenti di fondatori trasformatisi in affondatori di un’intera classe politica.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1