“È la stampa, bellezza! Vero Putin?” Secondo i più ottimisti, in Russia fra qualche anno culminerà con questa battuta il remake di “Deadline” di Richard Brooks, il film cult del 1952 sulla libertà di stampa e l’indipendenza del giornalismo.
La clamorosa protesta in diretta tv della giornalista Marina Ovsiannikova e le dimissioni a catena o la fuga all’estero di numerosi giornalisti di primo piano, rappresentano una inedita contestazione al regime di Putin che ha scatenato la guerra contro l’Ucraina. Mentre a Kiev e sul fronte di Mariupol i giornalisti stranieri vengono presi di mira e uccisi dai cecchini o dai bombardamenti, a Mosca la stampa sta in parte salvando l’onore dei russi. “Noi siamo contrari all’invasione dell’Ucraina. Siamo contrari alla guerra”: è il messaggio dei giornalisti russi. Una testimonianza coraggiosa e per molti versi eroica viste le pesanti condanne che si rischiano, per non parlare degli assassini come quello di Anna Politkovskaja, freddata da un sicario nel 2006.
Un messaggio esemplare per l’opinione pubblica e l’intellighenzia mobilitatesi nelle manifestazioni di protesta svoltesi a Mosca, San Pietroburgo e in decine di altre città russe. “Purtroppo il caso di Anna Politkovskaja non è isolato. E’ già successo che giornalisti russi che indagavano sulle malefatte di Putin e della sua cerchia venissero uccisi, perseguitati, isolati” sottolinea Andrea Romano, parlamentare del Pd e docente universitario di Storia contemporanea che ha studiato e vissuto per anni a Mosca.
