Fede e speranza non contemplano l’impossibilità: in Vaticano c’é fiducia nella missione di pace affidata da Papa Francesco al Cardinale Matteo Zuppi.
L’Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale italiana ha una lunga esperienza di trattative ritenute impossibili e conclusesi invece con il miracolo della pace, come quella che nel 1992 pose fine alla pluridecennale guerra civile in Mozambico.

Ma stavolta un miracolo non basta, ne servirebbero diversi soprattutto a Mosca. Nessuno, fra Washington e l’Europa, si nasconde che l’invasione russa dell’Ucraina ha determinato una tale escalation bellica ed un’infinità di atrocità, vittime e devastazioni che più che in salita il mandato di Zuppi é paragonabile ai salti acrobatici dei salmoni che tentano e ritentano di risalire le cascate dei fiumi.
Negli ambienti diplomatici internazionali si ha la sensazione che la Santa Sede abbia intrapreso un’iniziativa di pace quasi fuori tempo massimo, rispetto ai mesi iniziali del conflitto, perché é oltremodo preoccupata per i rischi di una deflagrazione incontrollata della guerra.

La formula dell’ “ascolto approfondito delle ragioni ucraine e per sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensioni” con la quale il Cardinale si è recato a Kiev come inviato del Papa, lascia intravedere che i tentativi di attivare contatti fra ucraini e Mosca possano passare attraverso l’avvio di una trattativa riguardante i bambini sottratti ai genitori nei territori ucraini occupati e dati in adozione a famiglie russe.
Su mandato di Bergoglio, Zuppi confida di poter imbastire un corridoio umanitario per il loro ritorno. Ma il concomitante avvio della controffensiva delle truppe ucraine e l’acuirsi degli attacchi delle formazioni di guerriglieri russi, che si definiscono partigiani anti Putin nella regione della città russa di Belgorod, non facilitano le prospettive della mediazione vaticana.
