Dieci anni meno 146 giorni. Le tastiere dei pc del quotidiano on line Lettera 43 si sono fermate a quatto mesi e mezzo dal decennale della testata fondata e diretta da Paolo Madron l’8 ottobre del 2010.
Giornalista di razza, già corrispondente da New York per Milano Finanza, Vice Direttore di Panorama ed editorialista del Sole24Ore, Madron ha annunciato la chiusura di Lettera 43 con uno stringato editoriale di 261 battute dal titolo significativo: “la cerimonia degli arrivederci”.

Un titolo che fa pensare alla storica trasmissione televisiva ”Lascia o raddoppia” e che lascia intravedere più di uno spiraglio di ripartenza. Spiragli confermati dalle trattative per la vendita della testata in corso con varie cordate editoriali e pubblicitarie, pronte a rilevare la quota di maggioranza controllata dal finanziere Matteo Arpe.

Ex enfant prodige di Mediobanca e di Lehman Brothers e soprattutto fino al 207 Ad di Capitalia, Arpe si sarebbe disimpegnato da Lettera 43 perché ritiene non più sostenibile l’iniziativa dal punto di vista economico, oltre che per le ricadute di conflitto di interessi sulle altre sue attività.

“Probabilmente l’avv. Arpe, l’editore, dopo dieci anni si è stancato del suo ruolo. Avrebbe potuto espandersi o rinunciare. Ha rinunciato” , sottolinea l’editorialista Peppino Caldarola Direttore della rivista della Fondazione Leonardo “ Civiltà delle Macchine” e già Direttore dell’Unità e parlamentare Pd.
Nient’altro dietro la chiusura, momentanea o meno, di Lettera43?
Credo che la chiusura sia dovuta a due fattori. Cito il primo in modo approssimativo perché non conosco il personaggio: la rinuncia, come già detto, dell’editore. Il secondo fattore di fondo è la crisi, che appare a tutt’oggi incontenibile, dei mezzi di comunicazione sia di carta sia sul web. C’è un problema di strutture editoriali, c’è un problema di costi, malgrado il costo del lavoro nell’on line sia diverso dal giornalismo di carta, nella pubblicità che è molto televisiva, tuttora e che premia solo alcuni siti. Questo accade mentre non si può dire che ci sia una crisi di lettori nei giornali on line. Pur senza numeri clamorosi abbiamo risultati eccellenti. E il quotidiano di Madron rappresentava uno di questi esempi di giornali con un forte seguito. Spero che la chiusura sia momentanea perché Lettera 43 svolgeva una funzione importante non solo nel giornalismo on line, ma nell’informazione in generale
Crisi strutturale o effetti collaterali del covid-19: perché editoria e news on line stanno attraversando turbolenze parallele?
Non credo che il Covit-19 c’entri, anzi questa tragica fase ha creato molta fame di notizie qualificate e di pareri di veri esperti. Solo che questa fase ha sancito la solitudine dell’informazione e soprattutto di quella on line che ha lanciato i suoi messaggi in bottiglia in un quadro in cui l’intera informazione di carta pativa sofferenze con un calo di lettori pauroso. C’è anche una componente economica. Quando i lettori hanno timore del futuro e devono pensare ad economie, tagliano sui giornali che considerano un lusso, talvolta inutile.
Carlo Verdelli, Gad Lerner, Enrico Deaglio, Pino Corrias, Paolo Madron: casi e vicende diverse, ma con un unico denominatore, la forte contrazione delle copie vendute dei quotidiani, il crollo della pubblicità e soprattutto l’evoluzione tecnologica esponenziale che conferiscono alla stampa sempre più una valenza industriale e non più informativa. Valenza irreversibile?
Non voglio ritornare sul tema dell’assenza di un’editoria “pura”. Abbiamo diversi problemi che nascono dalla fisionomia del mondo imprenditoriale nell’editoria che è formato da soggetti con molte aspettative in campi diversi dal guadagno editoriale. Molti editori pensano ad altre attività economiche o a spendere il vantaggio editoriale in politica. Poi abbiamo il “male oscuro” del giornalismo italiano in cui tutti i direttori sono direttori di giornali-partito. Io e pochi altri eravamo direttori di giornali di partito. Ed erano partiti veri. Da molti anni invece noi abbiamo giornali-partito e ogni direttore crede di dominare il suo campo. Ad alcuni è riuscito: a Mieli, a Ezio Mauro e a destra a Vittorio Feltri, ma il prezzo è stato l’estrema partitizzazione dei giornali. Il lettore sa quel che sarà pubblicato l’indomani e se il lettore ha un’identità definita cercherà il proprio giornale di riferimento. Molti lettori non hanno questa richiesta e lasciano i giornali. Così direttori e editori stanno uccidendo la stampa.
Quanto spazio rimane in Italia per il giornalismo indipendente e non appiattito sul potere politico ed economico ?
Il giornalismo indipendente dipende da noi che lo facciamo, “uti singuli”. Dove per “indipendente” può non intendersi solo il non stare con alcuno ma stare con qualcuno dichiarando la propria appartenenza. Invece molti “indipendenti” dicono di parlare a nome del popolo e qui avviene una distorsione drammatica e maldestra dell’informazione. Serve una nuova generazione di giornalisti che abbia il coraggio delle proprie opinioni, che non pensi di dirigere uno schieramento politico, che sappia riconoscere la verità che c’è anche in chi sostiene un’altra tesi. Oggi mi pare una mission impossible.