Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Storie di vita e vicende vissute 
by Giuliano Belloni
Qualcuno è morto più solo degli altri. Qualcuno è morto più degli altri. Ora riposano in rettangoli di terra di nessuno. Ai margini delle città. Ai margini della vita. Ai margini dei cimiteri. Lontano dalle tombe di marmo e di pietra. Vicini alle strade che pensavano di percorrere ancora. Ma è stata l’ultima. Buia. Sola.
Di solito si muore a rate. A volte, di rado si fa in un’unica soluzione. Si muore mese dopo mese come fa un onesto contribuente che sa di pagare il mutuo della vita. Così ci hanno insegnato. Così ci insegnano a vivere. Come un dovere.
Poche cose si apprendono subito, appena nati. Perché non basta nascere bisogna per forza di cose subito rinascere. Anche nella morte ci insegnano che bisogna farlo un poco alla volta. A rate. Tutti i giorni un poco per volta. A rate, come se si acquistasse un bene.
Questa volta però è successo tutto troppo in fretta. Un virus della famiglia della peste affamato ed assassino ha voluto infierire . Un assassino che non ha un volto. Colpisce e rimane dentro. Lo ha fatto a marzo. Inizio primavera. La primavera è la stagione peggiore per morire. Mai morire quando si inizia a fiorire. Mi è sempre piaciuto sapere il punto di vista dei fiori. Uno spazio dove non c’è parola ma un luogo sterminato di colori.
Mentre le bare cominciano a crescere come fragole non si sa più cosa fare per smaltire le ossa umane. Intralciano. È un problema come se fossero spazzatura industriale. Ma ogni corpo ha un nome. Ci sono parentele da avvisare, amici da rintracciare, figli da chiamare. Mentre si pensa intanto di rubare il verde al prato e trasformare il campo in un sacrario. Dove si azzerano i numeri e ricominciano le differenze. Un intero prato verde tutto per chi non ha più vita se non la vita delle sole margherite.
Da marzo il crematorio sputa in cielo nuvole umane. L’ultima esposizione per chi non ha più avuto in vita chi dà disposizioni. Croci bianche senza corolle. Croci bianche con la data del decesso. Chi senza nome. Chi con un nome: Vittorio, Angelo, Marco. Nomi di amicizia sparita. Nomi di vita in vita. Se ne sono andati all’alba. Chissà se un’alba esista ancora. E chi apparecchierà le giornate. Chi annaffierà i colori. Chi potrà accarezzare ancora il gatto. Maria, Antonia, Gelsa, Margherita, Rosa. Nomi di donna che hanno generato la vita vissuta assieme .
Ogni nome una croce. Una croce di vita crocifissa. Se ne sono andati con discrezione di chi sa che ha svolto un buon lavoro e può ritornarsene nel grembo. Senza baccano senza fare storie.
Croce 20, 30, 31, 56, 70. Storie di vita. Vita di storie. Chissà ora sotto terra chi prenderà per primo la parola. Se avranno una identità e finalmente una nuova partenza.
Un brusio. Tagliaerba che si incrociano con le carriole. Le scope metalliche per rendere il campo più attraente, strappano alla terra i morsi e le unghie.
Una donna minuta sulla cinquantina ha con sé la busta della spesa. Tira fuori il pane, la frutta. Tutto quello che può essere stato una cena. Si siede. Apparecchia con una tovaglia colorata. Spezza il pane a metà come fa il prete in chiesa. Versa il vino e un pò di acqua. Una messa laica.
La croce 50 ora è vicina alla 77. Croci diverse. Storie diverse. Soffia scirocco che rimbalza sulle foglie dei tigli ricadendo terra in batuffoli di neve finta. Cumuli di terra, pale, croci senza radici da piantare come piante. Qualcuno non avrà nemmeno un nome. Nemmeno una croce. Ma domani comincerà a crescere l’erba. L’erba è democratica in superficie. Crescerà insieme al ricordo. Della solitudine.
