Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Storie di vita e vicende vissute
by Adriana Piancastelli
Era bella l’estate addosso come un respiro caldo sulla pelle.
Arrivava all’improvviso verso la fine di maggio con un odore diverso tra l’erba e i papaveri, una luce più lunga e una voglia di vita più urgente.
Erano – o sembravano – estati interminabili: le scuole finivano a giugno con i tuffi nelle fontane e ricominciavano a ottobre con le castagne nei ricci.
Il primo maggio, per tradizione, era anche il giorno del primo bagno al mare senza preoccuparsi di pelli candide, filtri solari, di prova costume e di sale e sabbia annodati nei capelli.
Erano gli anni di “Un disco per l’estate”, delle canzoni di Dylan e Battisti con la chitarra in spiaggia, il panino per i viaggi in treno e le teglie di pomodori con il riso da cui rubare patate nascoste per assorbire l’eccesso di sugo.
C’erano gli abbronzanti senza filtro profumati di cocco come cocktail e così densi da lasciare una patina lucida sulla pelle anche dopo le docce serali.
C’era l’attesa inconsapevole di cotte improvvise brevi e magiche come le stelle a San Lorenzo, piene di desideri e di promesse quasi mai mantenute.
Si andava poco all’estero, in Inghilterra o in Francia, per lavorare come baristi o baby sitter, e poco in montagna, a volte in Trentino a raccogliere mele.
Si parlava tanto, soprattutto la sera, la politica era sociale, l’economia per pochi eletti, il futuro sembrava possibile come un sogno al mattino.
I telefoni erano pubblici, a gettoni o a tessera e regalavano insospettabili margini di libertà.
Si leggeva molto, libri, quotidiani, riviste e per gli acculturati più assidui esistevano le rassegne cinematografiche nelle arene: una lotta continua contro zanzare agguerrite, sonno da pellicole soporifere e gocce appiccicose grondanti dai ghiaccioli.
L’unica ipotesi di epidemia era l’inevitabile raffreddore dopo il bagno di mezzanotte quando si tornava a casa tardi, in silenzio, cercando di non farsi sentire da chi dormiva, infilandosi nel letto con i capelli sgocciolanti sul cuscino.
Non sono racconti, solo giornate di qualche anno, non di qualche secolo fa.
E i ricordi non sono edulcorati dalla nostalgia, ma dalla consapevolezza di uno stato (poco riconosciuto, come al solito) di relativo benessere, pieno di potenzialità e perduto per sempre, irrimediabilmente, come certe innocenze e certi treni.
È la seconda estate sfregiata da angosce continue e mutilata di leggerezza e libertà da pandemie innaturali.
È un’altra estate di plastica nei mari, polveri sottili, colline di immondizie al sole.
È tornata Orietta Berti, un po’ smarrita su Instagram, è scomparsa Raffaella Carrà.
Abbiamo vinto gli Europei di calcio ai rigori contro gli inglesi frantumando tradizioni di emotività e di fair play, ci sono ancora campi dorati pieni di girasoli: è possibile un’altra felicità?
Malinconia, rimpianti, ma anche consapevolezza e determinazione nelle riflessioni di Adriana Piancastelli. Una consapevolezza che ricorda Seneca: “la vera felicità è non aver bisogno di felicità.”
Facebook Comments

Senior Osint and Media Analyst. Ha praticato il mondo delle investigazioni e dell’intelligence. Appassionata di mare cani rock e figlia non necessariamente in quest’ordine.