Sula mancata fusione fra Ferrovie e Anas pubblichiamo l’analisi del quotidiano La Sicilia
Binari e strade continueranno a correre parallele. Il matrimonio fra Ferrovie e Anas sembra essere infatti naufragato e sarebbe finito su un binario morto. A bloccare la mega fusione sarebbero stati i 9 miliardi di contenzioso fra l’Anas e centinaia di aziende e i circa tre miliardi di svalutazione che già nel 2016 avrebbero dovuto essere inseriti in bilancio e far chiudere in perdita di esercizio i conti dell’Azienda nazionale perautostrade e strade
E’ la conferma di quello che gli esperti avevano definito un matrimonio destinato a generare più problemi e deficit che vantaggi e ricavi. “ Stanno creando un nuovo carrozzone modello Iri senza alcuna giustificazione tecnica, né economica” era stata la valutazione tranchant del Prof. Marco Ponti, docente emerito di economia applicata al Politecnico di Milano, considerato uno dei massimi studiosi del settore dei trasporti.
Professore Ponti che ora precisa ulteriormente: “ E’ la prova che l’operazione fosse un pastrocchio per far assorbire gli enormi debiti dell’ ANAS all’azienda ferroviaria, che può ricevere fiumi di soldi dallo stato senza aumentare formalmente il debito pubblico. Cioè un salvataggio-mascheratura, senza alcun senso industriale. Anzi con l’effetto negativo di rafforzare una impresa pubblica dominante con risultati anti concorrenziali. Poi sulla strada devono aver trovato voragini inattese…ma a voler essere pessimisti, se c’è una solida volontà politica il pastrocchio sarà portato a termine comunque.”
Ma che impatto avrà per la Sicilia la mancata fusione fra Ferrovie e Anas? Per i trasporti e la mobilità dell’Isola si prospetta quanto meno il rischio di un allungamento dei tempi dei piani di ammodernamento delle tratte ferroviarie e di un rallentamento dei lavori di ripristino e manutenzione della rete autostradale.
Una ulteriore gelata di fine anno che, per chi viaggia, si aggiunge all’inpennata, a livelli che rasentano gli interessi usurai, del costo dei biglietti di aerei, treni, e navi da e per l’Isola. Restano invariati soltanto i prezzi dei biglietti delle autolinee che assicurano un essenziale servizio pubblico, capillare in tutte le province e dalla Sicilia all’Europa. Paradossalmente è lo stesso Amministratore Delegato delle Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, a sottolineare, in una recente dichiarazione ripresa dall’Huffington Post che “l’autobus è il futuro per accompagnare gli utenti dalla porta di casa a destinazione”. Come dire: è passato l’ultimo treno, ma ci sono ancora un sacco di pullman.
Sono i dati del Ministero dei Trasporti a confermare che le strade sono le vie del progresso. In Italia il traffico totale interno dei passeggeri ricade per il 91,87% su strada, per il 5,94% su impianti fissi (ferrovia, tramvie, metropolitane), per lo 0,48% sulle vie d’acqua e per l’1,71% sul trasporto aereo. Nemmeno l’Alta Velocità ferroviaria, che pure ha attratto passeggeri dal trasporto aereo, è riuscita a sottrarre traffico alle strade. Il traffico stradale è in continua e costante crescita.
Eppure, nonostante fonti così autorevoli e numeri così eloquenti certifichino la funzione primaria della viabilità, gli investimenti sulle infrastrutture stradali rimangono molto esigui, e sono ritenuti secondari rispetto a quelli, ad esempio, ferroviari.
E dire che di investimenti sulle strade ce ne sarebbe davvero bisogno, anche per rilanciare lo sviluppo economico delle aree più depresse e periferiche. Questa distonia si rileva soprattutto nell’Isola dove si parla sempre di ferrovie e tramvie, trascurando la funzione primaria e prevalente delle strade. In Sicilia la rete viaria versa in uno stato di totale abbandono: più buche, frane e avvallamenti che manti stradali, più crolli che ponti, più aree interdette alla circolazione che nuove arterie di scorrimento. Questa è la realtà sotto gli occhi di tutti, a fronte della quale gli interventi sono pochi, tardivi ed inadeguati.
L’assenza di strade accentua l’isolamento, crea ghettizzazione, mortifica e paralizza le categorie sociali meno abbienti rendendo difficoltoso o impossibile, soprattutto alle popolazioni dell’entroterra, il raggiungimento di scuole, ospedali, posti di lavoro.
La spending review che ha portato alla chiusura di presidi periferici, istituzionali e di assistenza, insieme alla mancanza di strade, rende pericoloso vivere nei centri minori. Si è mai pensato che cosa significhi abitare in un territorio in cui le ambulanze o i vigili del fuoco, impieghino troppo tempo per fornire i soccorsi necessari ?
In questo quadro desolante e diffuso, un numero sempre crescente di persone, giovani e meno giovani, ogni giorno, a bordo delle proprie auto od in sella alle proprie moto, affronta percorsi accidentati pur di potere espletare le proprie attività. Ma gli anziani, gli invalidi, le categorie più deboli, quale prezzo pagano?
Parafrasando Mario Monicelli, che sosteneva che “la commedia all’italiana è finita, quando i registi hanno smesso di prendere l’autobus“ forse dovremmo aggiungere nel presepe della commedia all’Italiana anche i politici…