Cosa c’è dietro l’ostinazione di Donald Trump, cosa spera di ottenere? A Washington la domanda rimbalza dagli esponenti repubblicani e democratici del Congresso fino ai vertici delle agenzie federali.
In bilico fra il ridicolo e il gioco al massacro il Presidente uscente, secondo alcune maliziose interpretazioni, starebbe tentando di negoziare l’assicurazione del perdono presidenziale della nuova amministrazione per i suoi tanti scheletri nell’armadio, a cominciare dall’evasione fiscale alle presunte cointeressenze finanziare con Mosca e Pechino.
Sul piano concreto, infatti, nonostante le raffiche di tweet la task force di avvocati di Trump ha presentato accuse di irregolarità in cinque stati chiave, Pennsylvania, Arizona, Michigan, Georgia e Nevada, dove il Presidente eletto Joe Biden è nettamente in testa nel conteggio dei voti, sostenendo in ricorsi e dichiarazioni pubbliche che le autorità elettorali non avrebbero seguito le procedure corrette nello spoglio delle schede elettorali.

Nessuno dei ricorsi, tuttavia, si basa su prove concrete ma fanno riferimento a piccole irregolarità con l’evidente obiettivo di ritardare il conteggio delle schede elettorali.
La maggior parte dei ricorsi sono stati dichiarati inammisibili dai giudici dei vari stati, e gli esperti hanno calcolato che anche se qualcuno dei ricorsi venisse accolto, l’ incidenza in termini di voti scrutinati sarebbe in ogni caso minima.
Se si esaminano i ricorsi nei singoli stati non si capisce se quello di Trump è un bluff o un buco nell’acqua:
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Pennsylvania
i repubblicani hanno cercato di fermare lo spoglio delle schede affermando che loro osservatori non erano stati ammessi nelle stanze dove venivano contati i voti. Ma la cosa non era vera, come hanno dovuto ammettere gli stessi avvocati del Presidente uscente: “Scusate, allora qual’è il vostro problema?”, è stata la caustica domanda del giudice Paul Diamond che ha bloccato il ricorso.
E anche se, sempre in Pennsylvania, la sentenza d’urgenza del giudice della Corte Suprema, Samuel Alito, ha ordinato di non scrutinare e tenere separate le schede elettorali arrivate dopo il 3 novembre, la decisione ha più un impatto politico che elettorale, perché le autorità dello stato avevano già adottato questa misura considerata la disputa legale in atto.
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Michigan
i repubblicani hanno presentato finora due ricorsi per irregolarità nello spoglio, entrambi bocciati dai giudici. Anche a Detroit si sono accusate le autorità elettorali di aver escluso gli osservatori repubblicani mentre venivano scrutinate le schede che non potevano essere lette dalle macchine elettorali. Accuse considerate “pure illazioni” dal giudice. ” Sempre in Michigan la presidente del Republican National Committee Chairwoman, il comitato nazionale repubblicano, Ronna McDaniel, ha denunciato all’Fbi che in una contea in alcune schede elettorali era stata cambiata la data. Una denuncia subito contraddetta però da un’altra funzionaria repubblicana, che in un video le ha definito “categoricamente false ed ha aggiunto: come repubblicana sono preoccupata per questa intenzionale rappresentazione errata per minare il processo elettorale”.
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Georgia
presentato un ricorso sul voto per posta, che nello stato deve arrivare entro l’Election Day, salvo che per le schede degli americani all’estero ed i militari – nella contea della città di Savannah. I legali di Trump hanno presentato una dichiarazione giurata di uno scrutatore che ha afferma di aver visto le schede arrivate in ritardo mischiate con le altre. I democratici hanno presentato in risposta due dichiarazioni giurate di senso contrario ed il giudice ha archiviato il caso affermando l’assenza di prove.
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Arizona
i repubblicani hanno presentato un ricorso sostenendo che ad alcuni elettori sarebbe stato detto di votare anche se le macchine elettorali avevano riscontrato un “overvote”, cioè che avessero già votato. La legge prevede che in questo caso l’elettore possa riprovare, dal momento che a volte si tratta di un errore delle macchine. A questo punto è stato chiesto riconteggio manuale delle schede, bloccando fino al completamento la certificazione dei risultati dello stato. In Arizona imperversa anche il caso delle “sharpie pens”, i pennarelli usati ai seggi. Secondo le accuse del team legale diTrump, con deliberato intento di annullare voti repubblicani. Mentre le autorità hanno replicato che i pennarelli vengono usati proprio perché il loro inchiostro è maggiormente compatibile con la lettura da parte delle macchine.
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Nevada
Richard Grenell, ex ambasciatore in Germania ed ex capo ad interim della National Intelligence, ha accusato la contea di Clark, dove si trova Las Vegas, di aver permesso a migliaia di persone di votare illegalmente. “Questo è inaccettabile e sta dando la sensazione che il sistema sia corrotto”, ha affermato l’esponente repubblicano, ma alla fine invece dei 10mila casi preannunciati, tutto si è risolto nella denuncia di una singola elettrice che ha detto che le è stato impedito di votare di persona dopo che la sua scheda elettorale era stata rubata e, ha sostenuto, compilata da qualcun altro. Le autorità del Nevada, pur ribadendo che la firma della scheda corrispondeva a quella della registrazione elettorale, hanno tuttavia dato all’elettrice la possibilità di votare di nuovo a condizione che la signora denunciasse ufficialmente il furto della sua scheda elettorale postale. Cosa che lei non ha voluto fare. A questo punto, gli irriducibili legali di Trump hanno chiesto ad un giudice federale di vietare l’uso delle macchine per verificare le firme, con l’obiettivo di rallentare ancora di più lo spoglio nello stato. Richiesta che è stata negata.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1