Medici ostaggio dei violenti 
Medici sempre più a rischio e in balia di depressione e psicofarmaci. Secondo uno studio in via di pubblicazione, psicologi e psichiatri rilevano come l’utilizzo di psicofarmaci, la tendenza alla depressione e al suicidio sia una realtà frequente fra gli operatori sanitari che hanno subito aggressioni.
Un fenomeno in cui la violenza fisica é solo la punta dell’iceberg, perché in realtà la vera violenza é quella verbale, quella psicologica, che si riscontra quotidianamente in tutti i settori sanitari pubblici e in maniera esponenziale nei pronto soccorso e nelle guardie mediche. L‘Organizzazione mondiale della sanità riconosce la violenza come il più importante fattore di rischio lavorativo per il benessere e la salute degli operatori sanitari. I dati sono drammaticamente evidenti: il 40,8% dei medici aggrediti soffrono di ansia, il 21,3% di disturbi del sonno e il 15,6% di depressione.
Il problema è che in Italia la violenza non é riconosciuta come un importante fattore di rischio lavorativo, perché non compresa nel testo unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro. Ma oltre che sotto il profillo dell’adeguamento legislativo il problema va affrontato a livello di gestione e di prevenzione, classificando le conseguenze sugli operatori sanitari e adeguando le risposte preventive, assistenziali e repressive.
Essenziale l’assistenza quando un sanitario é vittima di una qualunque forma di aggressione. Assistenza che dovrebbe scattare tempestivamente prima che le conseguenze psicosomatiche si cronicizzino.
Spesso però la realtà é un’altra: gli operatori sanitari sono abbandonati a se stessi. Continuano a lavorare, nonostante le aggressioni, e continuano a curarsi dei pazienti, spesso a discapito del benessere degli stessi medici e soprattutto della qualità delle cure nei confronti dei cittadini.