Salvini & Di Maio alle prese con la sindrome greca

Appelli a tutte le forze politiche e molta pretattica nella settimana di Matteo Salvini e Luigi Di Maio per presentarsi in pole position al Quirinale alle consultazioni del dopo Pasqua.
Il leader leghista ha un vantaggio apparente, il numero 1 del Movimento cinque stelle una situazione più stabile. Il blitz di Salvini nel centrodestra, conclusosi con l’elezione di Elisabetta Alberti Casellati alla Presidenza del Senato, ha cinicamente spiazzato tanto Berlusconi che Renzi.

Il cavaliere è nudo sottolineano, parafrasando la fiaba di Andersen, molti parlamentari di Forza Italia, pronti a passare alla Lega. Il processo a Berlusconi si consumerà in occasione dell’elezione dei nuovi Capigruppo parlamentari in sostituzione di Renato Brunetta e Paolo Romani protagonisti di clamorose dimissioni al veleno.

Orfano del patto del Nazareno Matteo Renzi si ritrova invece assediato all’interno del partito e marginalizzato in parlamento. Ogni tentativo dell’ex segretario Pd di riprendere l’iniziativa politica viene rintuzzato con un secco: “ma ci hai messo tu in questa situazione ! “
A differenza di Salvini, il leader dei grillini soprattutto dopo l’elezione di Roberto Fico alla Presidenza di Montecitorio, non teme per il momento contraccolpi interni e può manovrare meglio alla ricerca di una maggioranza di governo.

Prospettive maggioritarie che Di Maio può tuttavia tentare di mettere assieme soltanto con la sponda di Salvini oppure col concorso del Pd e di liberi e uguali. Scartata come quasi irrealizzabile la seconda ipotesi, resta il tandem con la Lega.
Una nuova versione di convergenze parallele che potrebbe dar vita soltanto ad un governo presieduto da una personalità esterna ai 5 Stelle e alla Lega: Carlo Cottarelli, i presidenti emeriti della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick, Ugo De Siervo, Gustavo Zagrebelsky ?

Un governo di scopo per cambiare la legge elettorale e mettere in sicurezza il bilancio dello Stato. Il vero grande scoglio, il problema dei problemi, che devono risolvere Salvini e Di Maio è infatti quello della legge di stabilità e del bilancio dello Stato.
L’urgenza di ridurre il mostruoso debito pubblico dell’Italia rende pressoché irrealizzabili anche uno solo dei tanti punti dei programmi elettorali dei due schieramenti vincitori delle elezioni del 4 marzo. Programmi ribaditi quotidianamente: abolizione della legge Fornero, reddito di cittadinanza, giù tasse e accise, revisione dei trattati europei, pace fiscale fra cittadini ed Equitalia, autonomia e federalismo.

Economicamente l’Italia è come un paziente colpito da ictus e che è sul punto di entrare in coma, affermano gli economisti. Per fare uscire il Paese dall’attuale situazione al limite delle sostenibilità economica, sono necessarie intanto una finanziaria di almento 30 o addirittura 50 miliardi.
Quindi quanto meno aumento dell’Iva, riduzioni assistenziali, aumento delle tariffe e delle entrate fiscali. Tutte cose che un governo di centrodestra a guida leghista o un esecutivo cinque stelle, presieduto da Di Maio difficilmente potrebbero attuare.

Diverso l’impatto invece per un governo tecnico di tregua nazionale, che scaricando la colpa del necessario risanamento sui precedenti governi, chiamati pesantemente in causa, eviti all’Italia una deriva greca e faccia guadagnare tempo a Salvini e Di Maio.
Almeno un anno per consentire al leader della Lega di egemonizzare il centro destra e trattare da posizioni di forza con quel che resterà del Pd, e al leader del Movimento di formare una classe dirigente in grado di reggere l’impatto con la macchina dello Stato. E scongiurare un bis su scala nazionale della disastrosa sindrome Raggi.

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