Pubblichiamo l’articolo de La Sicilia sulle pesanti penalizzazioni dell’Isola ostaggio delle inefficenze della viabilità e dei trasporti ferroviariL’effetto domino del caso Ryanair sta evidenziando la grave situazione della viabilità e dei trasporti ferroviari, non solo fra la Sicilia e l’Italia, ma soprattutto della mobilità all’interno della regione.
Un collasso che penalizza enormemente i siciliani, il turismo e tutti i settori economici. Non c’è autostrada, statale, stazione o collegamento ferroviario esente da disservizi. Ogni viaggiatore cita gli esempi negativi che ha sperimentato a proprie spese.
A cominciare dal crollo nell’aprile del 2015 del viadotto Himera sulla Palermo-Catania, che per diversi mesi ha di fatto spezzato in due l’Isola; all’esiguità dei circa 400 treni giornalmente in servizio in Sicilia mentre in Lombardia sono oltre 2500; all’accorata denuncia di Giosuè Malaponti, Presidente Comitato Pendolari Siciliani: “Per i pendolari siciliani viaggiare è sempre più un’odissea” – scriveva a gennaio scorso Malaponti – “Sui treni ormai si bivacca visti i lunghi tempi di attesa nelle varie fermate 5/10/15 minuti di attesa, sia sulla direttrice jonica (Lentini, Fiumefreddo, Alcantara, Letoianni, Santa Teresa Riva) che sulla direttrice tirrenica (S. Agata Militello, Capo d’Orlando-Brolo-Patti e Barcellona P.G., Brolo/Gioiosa Marea, Milazzo e Cefalù). Incroci calcolati senza un senso logico e coincidenze con altri treni non previste…”
Esempi che dimostrano come i passeggeri vengano tenuti ben poco in considerazione. Come se non fossero i destinatari dei servizi. Mobilità e collegamenti spesso non sono conseguenziali, non seguono cioè le esigenze dei passeggeri, i flussi turistici e le logiche economiche, ma sono subordinati agli effetti negativi di politiche sbagliate, gestioni clientelari, disservizi e ritardi burocratici.
Penalizzati da linee ferroviarie spesso obsolete e a binario unico, i collegamenti interni vengono in gran parte salvati dalle linee di autobus che rappresentano in tutto il Paese, e in special modo in Sicilia, la spina dorsale di un sistema integrato di mobilità che complessivamente, su scala nazionale, vale cinque punti di Pil, circa 80 miliardi di euro.
Eppure l’ultimo piano integrato delle infrastrutture e della mobilità, partorito quasi a tempo scaduto dal Governo Crocetta, prevede dal 2019, la fine di tutti i collegamenti pubblici su gomma superiori a 50 chilometri.
Tradotto dal burocratese il piano mette nero su bianco il taglio dei collegamenti delle autolinee fra Catania, Palermo, Agrigento, Messina e tutte le altre città, comuni e località turistiche.
Una decisione che si commenta da sola e che, se effettivamente attuata, provocherebbe gravi disagi, anche economici, per i cittadini e la moltiplicazione del traffico di auto e mezzi privati.
Ancora più grave è la giustificazione fornita: privilegiare i collegamenti ferroviari, tutti da potenziare a lunga scadenza. Collegamenti ferroviari che in Sicilia sono sviluppati essenzialmente lungo le coste e non all’interno.
In realtà il piano contraddice se stesso sin dalla premessa. Sostiene di puntare alla salvaguardia dell’ambiente e invece, al contrario, tagliando i collegamenti delle autolinee addirittura 12 anni prima della prevista sistemazione delle prime tratte extraurbane, determina tre immediati e pesanti effetti contrari: la moltiplicazione del traffico privato, gli intasamenti della circolazione e l’aumento esponenziale dell’inquinamento.
Paradossalmente lo stesso calendario dei lavori del piano integrato varato dalla giunta Crocetta, certifica una macroscopica lentezza di attuazione. Tanto che prima di essere completate le opere rischiano di essere già superate dall’evoluzione in progress del sistema globale dei trasporti.
Complessivamente gli interventi programmati, a partire dal 2020, riguardano le tratte metropolitane di Palermo e Catania e limitatissimi interventi su tratte extraurbane quale il tratto, completamente disabitato nella piana di Catania, Raddusa – Catenanuova.
Ancora più paradossale è la pianificazione, dal 2030, di alcuni lavori extraurbani collaterali, mentre l’intervento principale sulla Palermo – Messina, il raddoppio della tratta Castelbuono – Patti, è previsto addirittura fra 30 anni, nel 2050 !
Come dire: cercavano soluzioni, ma in realtà amplificavano i problemi.