Regione Siciliana: autonomia da rilanciare classe politica da cambiare
L’autonomia non c’entra nulla col disastro della Regione. La responsabilità è della recente classe politica siciliana: questa, in sintesi, l’analisi del Costituzionalista Giuseppe Lauricella, parlamentare del Pd, che interviene nel dibattito sulla funzionalità dell’autonomia e, in particolare, dello Statuto speciale della Regione Siciliana.
Dibattito avviato dagli autorevoli articoli su Repubblica del prof. Pietro Perconti (Liberate la Sicilia dall’autonomia che l’ha rovinata) e dell’economista ed editorialista Salvatore Butera (Statuto da riformare, autonomia da rilanciare).
Ecco il testo integrale dell’intervento dell’on. Lauricella:
Ultimamente, assistiamo al tentativo di rivedere la specialità dello Statuto siciliano, non nel senso di una riconsiderazione dei principi e delle norme in funzione di un aggiornamento, ma, addirittura, di una eliminazione della specialità stessa.
A sostegno di tale posizione contraria alla specialità vengono offerte una serie di valutazioni giungendo, inevitabilmente, ad un risultato degradante.
Argomentazioni, purtroppo, condivisibili ma che sembrano basarsi più sui risultati della gestione che sulla attualità dei principi e delle norme che la sorreggono.
Tanto è vero che la critica alla specialità – con conseguente proposta di soppressione – non è rivolta alla specialità statutaria di tutte le altre Regioni ad autonomia differenziata ma soltanto alla specialità della Sicilia.
Viene, dunque, da chiedersi se il problema risieda, davvero, nella specialità dello Statuto siciliano o, piuttosto, in chi, negli ultimi decenni, ha governato la nostra Regione, da una parte sperperando inutilmente le risorse interne ed europee e, dall’altra, svendendo prerogative riconosciute alla Sicilia, che avrebbero dovuto, invece, garantire risorse e capacità di sviluppo, anche in termini occupazionali.
Uno Statuto nato e pensato per l’autogoverno, ha finito con l’essere in parte svuotato e in parte inutilizzato (come per il caso delle norme di attuazione, mai adottate). E ciò è avvenuto sia da parte dello Stato (Corte costituzionale, governi con spirito centralistico di varia natura), sia dalla incapacità di governi regionali che, in particolare negli ultimi venticinque anni, hanno guardato più al consenso elettorale di breve termine (facendo del precariato lo strumento principe), che ad una programmazione capace di uno sviluppo anche in chiave mediterranea ed europea.
Basti ricordare lo smantellamento e la svendita del Banco di Sicilia (citato persino dallo Statuto), che da centrale del credito delle imprese che operano in Sicilia è divenuto altra cosa, perdendo la connotazione funzionale all’economia dell’Isola. Così come la cessione delle imposte, che non restano in Sicilia ma dipendono dalla “benevolenza” dello Stato centrale.
Per non parlare della mancata attuazione di norme statutarie che potrebbero garantire alla Sicilia una capacità attrattiva di investimenti, anche dall’estero, attraverso la fiscalità di vantaggio o la creazione di zone franche. Il tutto verso un processo per l’autogoverno, finalità posta all’origine dello Statuto siciliano, che nulla avrebbe da invidiare a quelle autonomie riconosciute in altri Stati come la Spagna, che hanno sempre rappresentato un esempio di sviluppo e di crescita. L’elenco potrebbe continuare.
Quindi, il problema non è la specialità che, semmai, potrebbe essere aggiornata ed adeguata alla luce di spazi di relazioni ed interessi che all’origine non erano pensati, come il contesto mediterraneo ed europeo.
Una rivisitazione che parta dalla burocrazia e dall’organizzazione amministrativa.
Allora, il problema è di chi governa la Sicilia, quando non abbia minimamente la sensibilità per comprendere la potenzialità dell’autonomia in termini economici, sociali e culturali.
Pertanto, a chi si batte per sopprimere la specialità dello Statuto siciliano chiederei di battersi per dare alla Sicilia una classe dirigente e politica adeguata alla sua specialità, comprendendone, al contrario, il valore. Giuseppe Lauricella