A Bruxelles fra gli sherpa della Commissione Europea l’ultima metafora sull’Italia è una sorta di scioglilingua: a cosa riconduce politicamente in Inglese, Giapponese, Olandese e tedesco il termine Stati Generali ? tutte le risposte, self destruction, harakiri, zelfdon e freitod, indicano il suicidio politico. A Parigi in particolare sorridono maliziosamente e ricordano che gli Stati Generali rappresentano l’anticipo della rivoluzione francese.

A Roma invece ci si chiede a chi è venuta l’idea che può trasformarsi in un clamoroso autogol e segnare l’inizio della fine del Governo di Giuseppe Conte.
Il labirinto degli Stati Generali si presenta infatti come una successione di trappole politiche ed economiche.
La trappola più evidente è quella dell’assenza di un piano finanziario del Governo con disponibilità certe. Governo che si illude invece di trarre le conclusioni, mediando fra le richieste di confindustria, parti sociali e maggioranza. Mettendo magari gli uni contro gli altri.

Le altre trappole sono rappresentate dall’intervento, imparabile come un calcio di rigore, di Vittorio Colao. Che illustrerà il piano onnicomprensivo elaborato dalla task force da lui presieduta e che farà pensare a tutti all’anticipazione del programma di un possibile governo d’emergenza post Conte.

Non meno insidiosa la lunga e determinante lista degli assenti, a cominciare da Mario Draghi, il cui ruolo fra il distacco e la sconfessione, aleggerà comunque su Villa Pamphili.
Singolarissima, con evidenti ricadute palesemente incostituzionali, e dunque si spera riconsiderabile, l’iniziale esclusione della stampa ha già comunque conferito nel migliore dei casi agli Stati Generali una sorta di alone stile gruppo di Bildiberg. Come se l’Italia non avesse il diritto di conoscere le opinioni e i programmi di quanti governano il Paese in nome del Popolo Italiano.

A queste trappole evidenti si aggiungono quelle progressive che verranno tese da molti degli stessi partecipanti, interessati a fare lo sgambetto a Conte: da Luigi Di Maio, a Dario Franceschini, a Italia Viva, a Nicola Zingaretti, tutti in procinto di verificare numeri e chance di un eventuale governo di unità nazionale che, scongiurando le elezioni anticipate, assicuri l’effettiva e immediata ricostruzione del Paese.

La vera utilità degli Stati Generali sarà dunque, molto probabilmente, quella di delineare la base programmatica di una nuova maggioranza e della prossima leadership di Palazzo Chigi.
A Villa Pamphili non c’é la sala della pallacorda, ma nel parco rimane ancora qualche traccia della tenda allestita nel 2009, proprio negli stessi giorni di giugno, per l’allora leader libico Muammar Gheddafi.

Un riferimento internazionale per sottolineare l’ultima e altrettanto insidiosa serie di trappole degli Stati Generali: la sovraesposizione internazionale dell’Italia nei confronti di Cina e Russia, proprio in un momento di debolezza della tradizionale alleanza con gli Stati Uniti, alle prese col marasma delle proteste antirazziste, della pandemia e della delicata transizione delle presidenziali.
Facebook Comments
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1