Con molti più guai e nemici che consensi, Donald Trump sembra definitivamente avviato alla sconfitta alle presidenziali di novembre.
A novanta giorni dal voto, l’inchiesta nei confronti del Presidente avviata dal Procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus R. Vance Jr in relazione a possibili frodi bancarie e assicurative, avrebbe provocato per molti commentatori e opinionisti Usa il crollo per Trump di tutte le possibilità di recupero del netto vantaggio che tutti i sondaggi attribuiscono al front runner, lo sfidante del Partito Democratico ed ex Vice Presidente Joe Biden.
Come se già non bastassero il tragico dilagare del Covid, il crollo del Pil e dell’occupazione, le polemiche scatenate da Trump contro la Corte Suprema, l’intelligence community, il movimento Black Lives Matter e il movimento femminile, il solo dubbio che l’inquilino della Casa Bianca possa avere evaso le tasse e per giunta truffato banche e assicurazioni, per l’opinione pubblica americana, anche quella più conservatrice, rappresenta infatti una colpa imperdonabile.
Nonostante le insinuazioni da parte repubblicana sulla famiglia del Procuratore distrettuale di Manhattan, figlio del defunto Segretario di Stato Cyrus Vance, in carica dal 1977 al 1980 col Presidente Carter, l’inchiesta ruota attorno all’ostinato rifiuto di Trump di rendere note le dichiarazioni dei redditi degli ultimi otto anni. Un rifiuto che a detta di tutti è insostenibile.

La mancata rielezione di Donald Trump e il ritorno alla Casa Bianca, come Presidente di Joe Biden, apre scenari economici e politici di enorme rilevanza internazionale.
Dai rapporti con l’Italia e l’Europa, alla sfida con Cina e Russia, si assisterà a un gigantesco reset della imprevedibile conflittualità permanente promossa da Trump su tutti i fronti, compresi quelli delicatissimi della difesa, dell’intelligence e del braccio di ferro a giorni alterni con Xi Jinping e Putin.
