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Turchia laboratorio e campo di battaglia del terrorismo

Pubblichiamo l’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia dall’editorialista Sergio Romano


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La polveriera alla frontiera fra Europa e le guerre infinite del Medio Oriente

Turchia sotto attacco. Da Istanbul a Smirne, l’incubo del terrorismo e lo stillicidio di 14 attentati negli ultimi mesi  minaccia di innescare una reazione a catena in un paese cardine alla frontiera fra l’Europa e il vulcano dei paesi dilaniati da guerre infinite e ostaggio del sedicente stato islamico. Una polveriera che rischia di provocare tsunami di violenze fra il Mediterraneo e le capitali europee. “Una deriva, quella turca, alla quale non è estranea da una parte l’attrazione economica verso il mercato comune e dall’altra il rifiuto culturale dell’Europa democratica”  afferma l’editorialista del Corriere della Sera ed ex Ambasciatore Sergio Romano

  • Abbandonata la storica laicità sulla quale Kemal Atatürk aveva rifondato il paese  sulle macerie dell’Impero Ottomano, la Turchia è diventata una sorta di laboratorio terroristico. La guerra in Siria e  il regime autoritario, ma filo islamico di Recep Tayyip Erdoğan, hanno  ulteriormente complicato la situazione?

La Turchia in questo momento ha due nemici mortali. Da un lato è molto preoccupata dall’importanza  e dal ruolo che i Curdi hanno assunto nel conflitto siriano, perché intravedono la possibilità della costituzione di una nazione Curda, possibilità da sempre considerata nefasta da Ankara. L’altro nemico giurato è l’Isis. Lo stato islamico in particolare intende vendicarsi per quello che considera il tradimento di Erdoğan. All’inizio della guerra in Siria i turchi, discretamente ma molto concretamente, si erano infatti schierati a fianco dell’ Isis  contro l’esercito di Assad e la frontiera fra Turchia e Siria era un punto di sbocco per il mercato nero del petrolio dei fondamentalisti. Poi dopo il tentato golpe del luglio scorso il Presidente turco si è alleato con la Russia di Putin, a sua volta alleato e con Assad. E l’Isis è tornato il nemico da battere. Da quì la serie di attentati, la maggior parte dei quali opera dei terroristi islamici e in misura minore degli estremisti  curdi del Pkk.

  • Respinta dall’Europa Ankara rischia di ritrovarsi fuori anche dalla Nato?

Dopo l’intesa con Putin, all’interno della Nato la Turchia è ormai un alleato a metà ed ha un ruolo meramente geografico, per la presenza della base di Incirlik , ben diverso da quello degli anni scorsi.

  • La web security e il controllo delle radicalizzazioni possono fare la differenza nell’azione di contrasto del terrorismo islamico?

L’azione di prevenzione dell’intelligence europea è capillare, ma il terrorismo islamico è il più difficile da contrastare perché utilizza fanatici pronti a morire, a trasformarsi in ordigni esplosivi.  Le democrazie occidentali sono in definitiva di fronte al dilemma insormontabile di non volere e non potere sospendere le garanzie di libertà, costitutive della stessa democrazia.  Questo è il tempo delle decisioni, i controlli sul web e sul crescente fenomeno delle radicalizzazioni sono essenziali e si possono effettuare senza limitare i principi di libertà e democrazia. Se queste sono le situazioni in cui occorre contrastare il pericolo non abbiamo molte scelte. 

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Recep Erdoğan e Vladimir Putin
  • Come liberarsi dai fondamentalisti?

Si tratta di un fenomeno generazionale, che si esaurirà. L’islamismo radicale si è incubato nel nazionalismo antioccidentale dei Fratelli Musulmani in Egitto, del komeinismo in Iran,  dei mujaedin e nei talebani in Afghanistan. Fenomeni di questo genere, anche se in scala molto ridotta e ideologizzata, li abbiamo subiti anche in Europa, con l’Ira in Irlanda e l’Eta nei paesi Baschi, la Rote armee fraktion in Germania e le Brigate Rosse in Italia. La differenza col terrorismo islamico è rappresentata dal fanatismo religioso che trasforma i combattenti in kamikaze.

  • L’antidoto al fondamentalismo è la cultura, la giustizia sociale, la libertà dei popoli e l’ecumenismo religioso, come ripete Papa Francesco?

Ma non solo, uno degli aspetti più paradossali controversi é che ci sono parecchi paesi che avrebbero molti motivi per collaborare attivamente contro il terrorismo islamista, l’Europa gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, la Turchia. E invece molto spesso fra questi paesi ci sono screzi e divergenze che ostacolano una mobilitazione che darebbe risultati di gran lunga superiori.

  • L’Islam moderato che ruolo può svolgere?

Considerevole. Non bisogna dimenticare che nostri amici e alleati sono tutti i Paesi musulmani che si battono sullo stesso fronte, minacciati dagli stessi nemici e che rischiano di soccombere di fronte all’ondata islamista. Perché il terrorismo islamico è solo una faccia della guerra che si combatte soprattutto fra Sciiti e Sunniti all’interno del mondo musulmano. Una guerra civile feroce dove le vittime musulmane sono incomparabilmente più numerose di quelle provocate dagli attentati terroristici in Occidente

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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