Ballottaggio day in arrivo sui binari delle stazioni di Roma Termini, Porta San Paolo a Torino e Trieste Centrale. Puntuale come Pasquetta, si appresta ad andare in scena il lunedì dell’alibi post elettorale. L’alibi dell’addossare agli avversari le cause delle proprie sconfitte.
L’esito dei ballottaggi della Capitale, di Torino e Trieste prefigura già motivazioni e interpretazioni che saranno cavalcate da leader e partiti che perderanno la sfida. Roma è un caso da manuale nazionale.
Nel caso di sconfitta di Enrico Michetti, le polemiche e le accuse politiche reciproche seguite alle violente manifestazioni anti green pass del 9 ottobre, culminate con l’assalto neofascista alla Cgil, rappresenteranno il fulcro delle recriminazioni di Fratelli d’Italia e del centrodestra che addosserà al Pd ed ai suoi alleati la strumentalizzazione mediatica della violenza di piazza per influenzare l’elettorato romano.
Diverso invece l’alibi del Nazareno, nell’eventualità dell’ insuccesso di Roberto Gualtieri. La responsabilità della sconfitta verrebbe attribuita ai voti dei grillini seguaci della sindaca uscente Virgina Raggi che invece di confluire sul candidato del Pd, come chiesto dal leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte, si sarebbero riversati sul candidato del centrodestra. In questo caso verrebbe coinvolto anche il candidato indipendente Carlo Calenda che visto l’exploit elettorale sarebbe quanto meno indiziato di scarsa collaborazione.
Le profonde divisioni post amministrative del Movimento 5 Stelle e il braccio di ferro con gli irriducibili oppositori del green pass rientreranno fra le cause alle quali verranno addebitate le sconfitte di Torino e Trieste.
Chi rischia di non avere alibi è il Movimento 5 Stelle. Il bilancio definitivo delle amministrative evidenzia in ogni caso gli sconvolgimenti che stanno scuotendo i grillini, passati dal 33% delle ultime politiche a percentuali residuali, da prefisso telefonico avrebbe detto il mitico Fortebraccio.
Recuperare il recuperabile o fondare un nuovo movimento? continuano a chiedersi Conte e i suoi consiglieri, a cominciare da Rocco Casalino.
Mentre il nucleo dei fondatori, Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Roberto Fico attende l’esito dei ballottaggi per fare l’inventario delle macerie delle amministrazioni uscenti di Roma e Torino e dei risultati in picchiata di Milano, Napoli, Bologna per non parlare della Sicilia dove dal 50% delle politiche si è passati a comuni dove nonostante il sindaco uscente non è stato eletto nessun consigliere grillino. Incrociando le proiezioni delle amministrative sui collegi nazionali e pur confidando nell’alleanza col Pd, allo stato per i 5 Stelle il futuro più che da partito si prospetta da cespuglio politico.
Diverse le prospettive per il centro destra, che dopo il ballottaggio day si presenterà al secondo tempo della sfida politica, quello del Quirinale, con l’autoanalisi degli errori compiuti alle amministrative. Non solo nella scelta dei candidati, quanto soprattutto nella controproducente contraddittorietà dell’azione politica dei singoli partiti. A far perdere consensi e credibilità, secondo gli ambienti parlamentari, è stato in primo luogo la continua contestazione da parte di Matteo Salvini del Governo Draghi del quale la Lega fa parte attiva con un ministro di primo piano come Giancarlo Giorgetti, che di fatto ha sconfessato le fughe in avanti e i proclami del segretario, costretto a ripetute marce indietro. Una Lega bifronte che si avvia insomma alla conta congressuale.
L’altra falla nel centrodestra é rappresentata da Fratelli d’Italia che nonostante l’appeal di Giorgia Meloni si dibatte fra la carenza di classe dirigente, i fantasmi almirantiani e le contraddizioni degli ex colonnelli di Fini. Per Forza Italia e per i numerosi parlamentari che hanno abbandonato il partito di Silvio Berlusconi per formare un gruppo parlamentare autonomo ma complementare, saranno le scelte per il Quirinale a decidere una collocazione che al momento è nettamente di centro e pochissimo di centrodestra.
Sul fronte del centrosinistra ci si chiede quanto durerà il ricompattamento delle amministrative e, in particolare, se si riuscirà a piazzare un proprio esponente al Quirinale. Il rischio di disintegrazione dei 5 Stelle, ma anche la fluttuazione dell’area di Forza Italia, aumenta le chance d’incidenza di Matteo Renzi che finora è riuscito a essere il propulsore parlamentare delle maggioranze e dei governi della seconda parte della legislatura.
Tanto per il Governo quanto per il Quirinale, la mossa decisiva più attesa é in ogni caso quella del Premier Mario Draghi che fra il Presepe e Capodanno, cioè fra la conferenza di fine anno e il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si rimetterà ulteriormente alle decisioni del Parlamento.
Parlamento che assieme al Paese soppeserà una ad una le parole del discorso di Mattarella. Un intervento che si preannuncia di altissimo spessore umano e impegno civile, oltre che di profondo valore costituzionale. Una eredità ineludibile che costituirà un esempio di continuità.