Putin sempre più sfuggente, funerali segreti e fake news sulle crescenti perdite nella guerra in Ucraina. Il plumbeo cielo d’autunno rende ancora più cupa a Mosca e in tutta la Russia l’atmosfera inquieta e nervosa delle famiglie che attendono una telefonata dai figli o dai mariti al fronte.

Le poche notizie che filtrano attraverso la censura e la propaganda vengono amplificate dal terrore di perdere i contatti col boyevoy syn e il soldat muzh, come si dice in russo “figlio combattente” e “marito soldato”, o peggio di trovare la loro foto sul canale Telegram ucraino, con l’annuncio che sono stati colpiti a morte, feriti o fatti prigionieri.
Secondo le stime dello Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev, dall’inizio della guerra i militari dell’armata russa morti sarebbero 74mila e oltre 150 mila i feriti. Anche riducendo ad un terzo le cifre fornite dall’Ucraina, il tragico bilancio di 252 giorni di combattimenti supera di molto la cifra dei 26 mila soldati sovietici deceduti e dei quasi 54 mila rimasti feriti nei dieci anni, fra il 1979 e il 1989, del conflitto in Afghanistan. Una sconfitta che innescò la fine dell’Unione Sovietica.

Nonostante i rabbiosi bombardamenti missilistici russi sulle infrastrutture energetiche delle città ucraine, bombardamenti che dissanguano le riserve di armamenti di Mosca e non colpiscono la controffensiva ucraina, l’avanzata dell’esercito di liberazione nazionale, come Kiev definisce le proprie truppe, sta circondando il nodo strategico di Kherson che il Cremlino si ostina a tentare di fortificare in una sorta di Stalingrado all’incontrario, con i russi nella parte dei nazisti.
Nell’ultimo massiccio attacco ucraino sulla riva destra del fiume Dnipro sono state colpite le imbarcazioni e le chiatte con cui le truppe russe stavano spostando le attrezzature militari a Kherson. Il ponte Antoniv è passato al momento sotto il controllo ucraino. Anche se hanno spostato il loro quartier generale regionale nel sud dell’Ucraina, dalla riva destra a quella sinistra del fiume Dnipro, ed hanno rimosso la bandiera russa dall’edificio dell’amministrazione statale, che è sotto il controllo della Federazione, le truppe russe si sono attestate a difesa della città.

Le prossime settimane saranno cruciali, come evidenziano numerosi segnali. Il primo è quello dell’incontro odierno fra Vladimir Putin ed il capo della Chiesa ortodossa di Mosca, il Patriarca Kirill. Come se il capo del Cremlino dovesse comunicare personalmente qualcosa di urgente al Patriarca.
Gli altri segnali riguardano l’esito l’8 novembre delle elezioni americane del Midterm e il G20 del 15 e 16 novembre in Indonesia. E dopo? Come pensa di andare avanti Putin?
Sul fronte delle allusioni russe all’uso di bombe sporche e alla deterrenza nucleare, che molto hanno allarmato le capitali occidentali, l’Aiea – l’agenzia internazionale delle Nazioni Unite per l’energia atomica – non ha trovato “alcun segno di attività nucleari non documentate” in Ucraina dopo le ispezioni in tre siti da parte dei suoi tecnici, inviati nel Paese per indagare sulle accuse russe secondo cui Kiev si prepara a usare una “bomba sporca”.
Come se niente fosse, Mosca è allora passata al tema delle accuse a Londra di addestrare le forze ucraine al sabotaggio in mare e parla di “minaccia di escalation”.

Se non bastasse, il portavoce del Cremlino Peskov ha precisato che la decisione di rientrare nell’accordo sull’esportazione del grano ucraino non significa che la Russia sia pronta ad estenderlo oltre la data del 19 novembre.
La calma apparente e le tante contraddizioni che sembrano caratterizzare i segnali che giungono dalla capitale russa non convincono tuttavia Washington, Londra, Bruxelles e la Nato. Cosa sta preparando Putin per la seconda metà di novembre? é la domanda che rimbalza fra governi e intelligence occidentali.
Nella scala Defcon utilizzata dal governo statunitense per indicare il livello di guardia difensivo, la risposta oscilla fra il 5° e il 4° gradino.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1