L’umanità appesa al diabolico filo di veleno del coronavirus. Un infinitesimale filamento elicoidale di molecole e proteine che costituisce la struttura del Covid-19.
Il campo di battaglia di questa vera e propria terza guerra mondiale epidemiologica é circoscritto in uno spazio invisibile, praticamente immateriale, ma sconvolge l’intero pianeta.
Il coronavirus colpisce alle spalle, attacca i polmoni, e quando si manifesta ha in pratica già espugnato il corpo del contagiato.
“I sintomi dipendono sia dalla risposta dell’organismo all’infezione, sia dalla velocità di espansione del virus e di conseguenza dai danni provocati nell’organismo della persona infettata” spiega lo scienziato Italo Giannola, Professore di Chimica Farmaceutica all’Università di Palermo, esperto di biofarmaceutica e titolare di alcuni brevetti farmaceutici, come quello sui metodi di preparazione e utilizzazione delle particelle nanometriche.
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La sperimentazione riguardante la proteina spike è la giusta via per il vaccino?
Ogni virus ha i propri organi bersaglio e quindi un tropismo, cioè una reazione, che dipende dalla eventuale presenza o assenza di recettori. Sulla superficie esterna del nuovo Coronavirus SARS-CoV-2si osservano delle proiezioni regolari, della lunghezza di circa 20 nanometri, formate da glicoproteina S (dall’inglese spike , in italiano spuntone). Queste proiezioni, unite a tre a tre, distribuite all’esterno hanno l’aspetto di una corona. La proteina spike ha alta specificità e capacità di ancorarsi al recettore ACE2 espresso dalle cellule dell’epitelio del tratto respiratorio. Il rapporto spike/ACE2 (tipico rapporto chiave/serratura) consente al virus di entrare nell’apparato respiratorio umano, penetrare all’interno delle cellule e moltiplicarsi. Alterare le spike e impedire loro di interagire con ACE2 (cambiare i denti della chiave per impedire l’apertura della serratura) significherebbe disarmare il virus. Il lavoro pubblicato da McLellan e collaboratori su Science del 19 febbraio scorso propone lo sviluppo di molecole in grado di inibire l’aggancio della proteina spike al recettore umano. L’identificazione del meccanismo molecolare che sta alla base dell’infezione è essenziale per la messa a punto di un adeguato vaccino e per la progettazione e la sintesi di adeguate molecole capaci di dare adeguata risposta farmacologica.
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Tempi ?
Trovato il vaccino o un adeguato principio attivo, sarà poi necessario determinare la dose, la via ottimale per la somministrazione e l’opportuna forma farmaceutica per il dosaggio. Non è possibile allo stato attuale poter indicare i tempi necessari per l’applicazione clinica su larga scala.
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Dopo essere stati contagiati ed aver superato il covid-19 restano tracce nel sangue?
Secondo quanto noto ad oggi a livello generale non è possibile dare una risposta specifica sul caso Covid-19 in quanto non sono ancora disponibili studi statistici scientifici e significativi. D’altra parte, viste le circostanze, non si possono avere i necessari dati sulle conseguenze a lungo termine dell’infezione.
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Quanto è persistente il coronavirus ?
In generale il virus può: scomparire dall’organismo e, in tal caso, si osserva la completa guarigione. Oppure determinare infezione persistente. In questo caso le difese dell’organismo impediscono al virus di replicare. Anche se la malattia sembra apparentemente scomparsa, il virus non è eliminato dall’organismo. Il virus “scompare” per poi ricomparire in seguito ad eventuale riattivazione. Il genoma del virus, allocato in alcune cellule, rimane latente senza replicare. Solo in alcune situazioni particolari, può riattivarsi e dare origine alle cosiddette recidive. Si manifesta così una nuova infezione, seguita da una nuova latenza. Se determina un’infezione cronica le difese dell’organismo contrastano il virus, la malattia si riduce o scompare, ma il virus persiste nell’organismo, pur replicando a bassi livelli e per tempi lunghi. Il virus è presente in modo continuo nell’organismo del contagiato, causando sintomi lievi ma in progressiva evoluzione. Il paziente conduce una vita normale per lunghi periodi di tempo, ma si può osservare lo sviluppo improvviso della malattia in forma grave.
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Le recidive sono possibili e peggiori di una prima ondata di malattia?
Allo stato attuale si ha notizia soltanto di due casi di recidiva causata dal nuovo Coronavirus SARS-CoV-2. Un caso segnalato in Corea del Sud (una donna di 73 anni) e un caso segnalato in Giappone (una donna di 40 anni). Ciò indica l’eventualità di recidiva da Covid-19. Da quanto riportato, si può ipotizzare verosimilmente che si tratti di nuove infezioni, causate da un diverso ceppo del nuovo coronavirus. Secondo Francesco Broccolo, virologo dell’Università Bicocca di Milano, l’ipotesi più plausibile è che sia avvenuta una nuova infezione con un ceppo virale geneticamente diverso. Ciò è in pieno accordo col criterio generale secondo cui i contagiati sviluppano difese e il virus subisce continue modifiche riproduttive.
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Gli asintomatici possono riammalarsi e diventare sintomatici?