Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Sentimenti passioni amori e disamori. Storie di vita e vicende vissute
L’arte non si imprigiona, perché i colori vanno oltre le sbarre. Oltre il grigio, c’è l’arcobaleno.
Questo è ciò che accade nel Laboratorio di Arteterapia Oltrelesbarre del secondo reparto della II^ Casa di Reclusione di Milano/Bollate.
Dipingere, con un gruppo così esclusivo di utenti, è come assistere e partecipare, passo dopo passo, ad una rinascita, un tentativo dopo l’altro, con fatica, da parte dei detenuti e da parte mia, di trovare la via più giusta per esprimersi, per comunicare, per accogliere, per accettare ed accettarsi.
Un lavoro gomito a gomito, dove insieme ci si sporca in modo positivo e propositivo, le mani e dove il tempo, diverso per ogni detenuto, diventa testimone dei risultati di questo percorso, in cui nemici come la fretta e il giudizio sono banditi.
È dura, perché nonostante i sorrisi e le risate, non ci si dimentica mai del luogo in cui ci si trova, complici quelle pesanti sbarre ad ogni finestra, che filtrano l’aria, la luce del sole, i suoni e rumori e lo scorrere della vita di ogni essere, che fuori da quel luogo, prosegue incurante di quella parte di universo, solo apparentemente così lontano, la propria esistenza.
Non è mai semplice fare i conti con se stessi, guardarsi allo specchio ed avere la certezza, che quello che vediamo è ciò che realmente siamo. Riuscire a rappresentare su una tela, su un foglio, una tavola di legno o un pezzo di creta grezza, ciò che vorremmo o non vorremmo essere, può essere alquanto difficile e non comprendiamo quanto lo sia, finché non ci mettiamo in gioco e non iniziamo quello che non è solo un percorso pittorico, ma un corposo lavoro di analisi e di introspezione.
Dipingere, in un luogo particolare come il carcere, non è solo un modo per passare il tempo o mettere colore sul supporto, è riconoscere le proprie fragilità e i punti di forza, i lati talvolta sconosciuti, sia positivi che negativi, e le emozioni che abitano in ognuno di noi, soprattutto lì dentro, dove l’immagine di durezza che riveste la maggior parte dei detenuti, non può essere scalfita, perché è il loro abito più pregiato, è una corazza, una sorta di protezione.
Dipingere è riconoscere che anche loro, sono come tanti strati di colore messi uno sull’altro; strati che convivono all’interno di ogni essere e che costituiscono la personalità e l’essenza di ogni individuo. Non è semplice fare quest’operazione da soli, soprattutto quando l’immagine di durezza che si sono costruiti, comincia a sgretolarsi, per lasciare riaffiorare il loro lato più umano, quello che non ha difese.
In quei momenti, hanno bisogno di avere qualcuno accanto, qualcuno che sappia leggere le emozioni che li attraversano, qualcuno che sappia vedere attraverso le crepe, che si formano sugli strati di colore, che le esperienze della vita, hanno messo addosso ad ognuno di loro e che li aiuti a riportare in superficie i colori primari, con tutte le sfumature e le gradazioni, che ogni essere porta dentro di sé.
È dura, nonostante i momenti difficili che non mancano mai, ma l’arte aiuta, sostiene e le tinte entrano dentro ognuno di loro, anche in quelli che pare sembrino più duri ed indifferenti, anche in un mondo come quello del carcere, così cupo e lugubre e grazie ai colori, lo sforzo di provare, di non cedere alla paura di non farcela, al timore di non deludere il giudice più severo che ogni detenuto ha, ovvero se stesso, diventa più sopportabile e ad un certo punto di questo viaggio, si comincia insieme a raccogliere i frutti di questo faticoso lavoro, che si riflette, in modo positivo, nei rapporti tra detenuti e con gli operatori della struttura, che stimola e sviluppa capacità progettuali a livello pratico ed intellettivo, che permette di creare qualcosa di reale e concreto, di cui essere orgogliosi e che, consentendo di conoscere meglio ed in modo più approfondito se stessi, permette di approcciarsi agli altri, con una modalità fino a quel momento, a tanti sconosciuta, rendendo in molti casi più fluido, il percorso di recupero e reinserimento nella società.
Luisa Colombo luicolo@alice.it
L’iniziativa di Luisa Colombo, riconosciuta e apprezzata artista e arteterapeuta, sta facendo scuola in molti istituti penitenziari. E’ esempio di recupero e spesso anche un antidodo alla violenza e alla disperazione.