Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Sentimenti passioni amori e disamori. Storie di vita e vicende vissute
Lettera dall’Himalaya
By Emanuela Fagioli
Sino a qualche anno fa le strade del Ladakh, regione del Jammu Kashmir nell’India del nord, erano decisamente pessime. Quando percorremmo per la prima volta l’avventurosa e famigerata Manali-Leh – 480 chilometri attraverso l’Himalaya – il viaggio non divenne un incubo solo grazie al saggio silenzio di ognuno dei membri che componeva il gruppo e alla musica che ci accompagnò. Era la classica canzone-mantra Om Mani Padme Hum, la stessa che nelle regioni himalayane si sente ovunque, nei pressi dei Gompa e nei bazar, diffusa in ogni minuscolo ristoro e da ogni autoradio.
Nessuno di noi nei 4 giorni di viaggio pronunciò mai la parola pericolo, né una lieve imprecazione, pur lecita. Ognuno tenne per sé il proprio timore osservando dal finestrino le ruote che sfioravano il ciglio del burrone. Io filmavo le carcasse incendiate in fondo alla gola e guardavo la testa di mia figlia seduta sul sedile anteriore di fianco all’autista che sorrideva fisso, tutt’uno con quella musica buddhista ipnotica e solare che stavamo ascoltando da giorni.
Come volontaria di un’associazione che si prende cura dei figli dei profughi tibetani, In Ladakh torno ogni anno. Le carrabili negli ultimi 3 – 4 anni sono state allargate e la manutenzione del fondo stradale é certamente più assidua di quella romana.
Tutto bene quindi sulle strade che percorrono – tra i 3500 e gli oltre 5000 metri – questo vasto altopiano? Non proprio, gli incidenti automobilistici sembra stiano aumentando.
La causa? La velocità. Strade migliori, auto più performanti ma soprattutto lo spalancarsi dei giovani su un mondo sino a qualche tempo fa culturalmente lontano, lontanissimo.
I più giovani tra gli autisti ladakho-tibetani hanno scoperto i nostri mitici … Bob Marley, i Queen, i Pink Floyd…. Archiviata l’incessante e quietante preghiera che scandiva le loro vite e rendeva la loro guida sicura, ora affrontano i tornanti con la stessa folle libertà che investiva noi qualche decennio or sono mentrea scoltavamo quelle musiche ed eravamo certi di potere tanto, anzi tutto, e ogni possibilità era comunque sinonimo di velocità.
Quando nell’abitacolo della nostra auto irruppe la voce di Freddy Mercury era l’imbrunire e stavamo tornando dal Pangong Tso(4250 mt) verso Leh (3500 mt) su una strada semi asfaltata e naturalmente senza grandi protezioni. In bocca mi tornò il sapore degli anni giovani e sentii fin nel profondo l’esplosione di libertà che il nostro autista aveva in quel momento nel cuore (e nel piede che premeva l’acceleratore).
Il viaggio era ancora lungo, strinsi la mano a mio marito. Sarebbe stato vano chiedere il ripristino della antiche usanze. Meglio chiudere gli occhi e rilassarsi. Tentammo di smorzare i sobbalzi per qualche minuto tenendoci al maniglione ma poi finì che ci addormentammo sul serio e ci svegliammo dopo più di un’ora quasi a Leh.
Al di là della nostra tranquillità, come far comprendere a questi giovani ma anche ai nostri ragazzi che proprio non val la pena rischiare con la velocità? Che la libertà non è correlata alla velocità? Da donna ridendo a volte sottolineo che la velocità è semplicemente una sindrome spermatozoica, ma naturalmente il problema è più complesso.
In Ladakh la Borders Roads Organisation ha dislocato sulle stradescritte che vogliono toccare con ironia e profondità i guidatori. Si va dal “Check your nerve on my curve” controlla i tuoi nervi sulle mie curve al “Peep peep dont sleep” suona il clacson suona il clacson non dormire; dal “Don’t be a gama in the land of Lama“ non fare lo sbruffone nella terra dei Lama a “Life iss hort, you do not shorter” la vita è corta, non farla più corta. Potrebbe essere un’idea da copiare.
Emanuela.fagioli@gmail.com
L’intervento della fotografa e pittrice Emanuela Fagioli, impegnata nel volontariato a sostegno dei bambini profughi tibetani, delinea la causa principale, assieme alla distrazione, della drammatica e spesso tragica realtà degli incidenti stradali. Una realtà con gravissime conseguenze anche sulla vita dei passeggeri delle auto coinvolte in incidenti. Dalle autostrade all’Himalaya a mietere vittime è sempre la velocità.