by Stefania Billante*
Diritti e profitti, esigenze ed esistenze nel vortice dell’emergenza sanitaria.
Vista sotto l’aspetto giuridico legale, la pandemia da Covid-19 ha posto tutto e tutti in quarantena.
Ma fino a che punto vengono compressi i diritti dei cittadini ? visto che il Governo ha disposto la sospensione delle attività e dei termini processuali fino al prossimo 11 maggio, ad eccezione delle materie indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g) del D.L. nr. 11/2020 ?
La domanda non è di facile e pronta risposta, considerato che tra le materie ritenute non urgenti e, quindi, differibili, rientrano diritti che afferiscono spesso non a cose, ma a persone.
L’esigenza di tutelare il bene primario della salute pubblica rischia, così, di mortificare e comprimere diritti legati alla sfera personale e familiare.
Mentre è infatti, sopportabile un ritardo nell’emissione di una sentenza che decida ad esempio su diritti reali o questioni condominiali, molto meno lo è in tutti quegli ambiti in cui sono coinvolte le relazioni familiari o interpersonali , proprio perché, in questo caso la giustizia non ha una finalità riparatoria, ma regolatrice, ossia non decide situazioni già verificatesi ma previene conflitti e contrasti per il futuro.
Purtroppo, inoltre, la regolamentazione governativa ha lasciato delle zone d’ombra e di vuoto e, così, i telefoni degli Avvocati hanno preso a squillare incessantemente e le domande, spesso, sono sempre le stesse.
Vediamone alcune:
E’ possibile avviare una separazione in questo periodo?
Si, lo è, senz’altro. Ci si può, però, separare consensualmente con la negoziazione assistita, e pertanto, secondo le condizioni con cui questo strumento può essere utilizzato, mentre in via giudiziale si può sempre adire il Tribunale ma, sapendo, a priori, che separazioni e divorzi sono tra i procedimenti giudiziari sospesi e che, quindi, verosimilmente, la relativa causa sarà trattata non prima di Settembre, considerato anche la sospensione feriale.
Il coniuge separato o divorziato può esercitare il diritto di visita nei confronti dei figli minorenni che, pur in regime di affido condiviso, hanno domicilio prevalente presso l’abitazione dell’altro coniuge, a volte in un comune diverso?
La materia è stata subito oggetto di interpretazioni contrastanti spesso fomentate dal coniuge affidatario che, approfittando dell’emergenza e dei divieti di spostamento, ha “utilizzato” il Coronavirus come ulteriore mezzo per acuire ancora di più una crisi coniugale perdurante nonostante la separazione o il divorzio, con l’inevitabile lesione del diritto del minore alla bigenitorialità, stabilito, non soltanto dagli artt. 315 bis e 337 ter del Codice Civile, ma anche dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.
Il coniuge non affidatario, perlopiù il padre, si è trovato quindi a far i conti con l’interpretazione dello “stato di necessità” o di “assoluta urgenza” per verificare se il diritto di visita al figlio minore vi rientrasse e potesse essere prevalente su disposizioni straordinarie che hanno compresso per necessità diritti costituzionalmente garantiti, quali anche quello della libera circolazione.
Sulla spinosa vicenda è, finalmente, intervenuto il Governo che, ha espressamente stabilito che : ”Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori.”
Il diritto di visita, quindi, non si sospende, a nulla rilevando il fatto di doversi spostare al di fuori del proprio Comune.
Il chiarimento si spinge oltre, intervenendo anche su un altro aspetto, quello relativo a coloro i quali vivono situazioni di crisi familiare “di fatto”, che non dispongono di alcun provvedimento del giudice che abbia regolato le modalità di visita.
Anche in questo caso, se vi è accordo dei genitori, gli spostamenti sono senz’altro consentiti.
Un’altra domanda frequente a seguito del lockdown imposto dal Governo riguarda gli assegni di mantenimento: che fare quando non si è in grado di pagare l’assegno di mantenimento, stabilito dal Tribunale?
Le categorie professionali più colpite sono imprenditori e partite iva che, a differenza dei lavoratori subordinati, non possono contare sulla casa integrazione.
Occorre, però, ricordare che il mancato versamento dell’assegno di mantenimento determina conseguenze sia dal punto di vista civile, legittimando azioni esecutive di recupero del credito, sia sotto il profilo penale, rischiando di esser perseguiti per il reato di cui all’art. 570 bis c.p.
Pertanto, la parte onerata, è comunque obbligata a farvi fronte anche in caso di gravi difficoltà come quella attuale che, comunque, va considerata come straordinaria ed imprevedibile tale da legittimare l’impedimento.
Conseguentemente, una soluzione alla questione, per lo meno dal punto di vista civilistico, può essere il ricorso alla disciplina degli artt. 1256 e 1258 del Codice Civile laddove viene configurata l’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore.
Coronavirus e vacanze annullate: che fare ?
Pacchetti turistici, biglietti aerei e di treni, alberghi prenotati sono stati tutti annullati per l’emergenza Coronavirus. E i soldi dei consumatori che fine faranno?
1) Pacchetti turistici: l’art. 28 , comma 5 del Decreto Legge nr. 9 del 2 marzo 2020 ha previsto che, in caso di recesso da parte del consumatore, l’organizzatore possa offrire un pacchetto alternativo, rimborsare il prezzo o emettere un voucher di valore pari al dovuto e da utilizzare entro un anno dall’emissione. La scelta sembra, quindi, essere rimessa all’organizzatore e in contrasto con quanto disciplinato dal Codice del Turismo, che ha recepito le direttive dell’Unione Europea in materia , secondo le quali, se l’impossibilità a non effettuare il viaggio non è dipesa dal consumatore, questi potrebbe chiedere il rimborso di quanto già versato. Se, invece, il viaggio è stato annullato dalla stessa agenzia di viaggio per l’emergenza sanitaria in atto, questa dovrà restituire le somme al cliente, non potendole trattenere senza più alcun titolo.
Biglietti di viaggio e hotel: in proposito viene in soccorso l’art. 1463 del Codice Civile che prevede il rimborso del biglietto trattandosi di impossibilità sopravvenuta che non dipende da colpa del consumatore. L’art. 88 del Decreto Legge nr. 18 del 17 marzo scorso, c.d. Decreto Cura Italia, prevede la possibilità per il venditore di emettere un voucher di rimborso entro trenta giorni dalla richiesta del consumatore con validità un anno dall’emissione. Va, però, detto che molte compagnie di vettori continuano ad effettuare il rimborso piuttosto che emettere il voucher.
E’ di tutta evidenza che, allo stato, qualunque esito favorevole di una sentenza si scontrerà con la triste realtà economica che il Covid -19 ha determinato, con il rischio concreto per il cittadino di perdere tempo e soldi senza poi ottenere nulla per la crisi di liquidità.
E’ pertanto auspicabile che l’Avvocatura prenda tempestivamente coscienza del problema ed incoraggi i propri assistiti sin da adesso all’utilizzo di strumenti A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), creati proprio con finalità deflattive del contenzioso, per ottenere una tutela immediata ed efficace dei diritti del cittadino.
