Partita multipla in ordine sparso. I partiti si apprestano ad affrontare la cronoscalata del Colle sbilanciati dai confronti interni. Lega, Cinque Stelle, Forza Italia e Pd ribollono di scelte, interviste e proposte alternative rispetto alla linea dei leader.
A cominciare dalla Lega. Al Consiglio federale l’unanimità dei consensi tributati a Salvini non ha affatto ricomposto la reductio ad unitatem in via Bellerio dopo il contropiede del Ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti. A metà dicembre l’autoanalisi leghista è affidata alla Conferenza programmatica che rappresenterà uno steep probabilmente decisivo fra la linea euro atlantica e popolare di Giorgetti, incentrata sulla premiership di Mario Draghi, oppure la strategia sovranista di lotta e di governo di Matteo Salvini. Con la sostanziale differenza che lo scenario giorgettiano prefigura per il voto sul Quirinale la cometa di un nuovo rassemblement di centro. Un partito direttamente o indirettamente riferibile a Mario Draghi già chiaramente delineato da tutti i sondaggi.

L’ammuina complessiva nei partiti a ridosso del confronto sul Quirinale ha investito anche grillini e Forza Italia. L’elezione a Capogruppo del Senato di Mariolina Castellone in contrapposizione ad Ettore Licheri candidato del Leader Giuseppe Conte più che le divisioni evidenzia l’accavallarsi delle linee politiche all’interno del Movimento, mentre la tregua che Silvio Berlusconi ha concordato con i ministri e i big di Forza Italia fino alla scadenza del Colle non impedisce le manovre a quota periscopio degli azzurri che contano.
Situazione fluida, ma in via di riscaldamento al Nazareno. Il naufragio del disegno di legge Zan ha fatto saltare il tappo delle polemiche interne. Dietro le quali si scorgono gli interrogativi sulle scelte e la strategia per il Quirinale.
Ufficiosamente al chilometro e mezzo della cronoscalata che da Piazza Montecitorio si snoda per i circa 60 metri sul livello del mare del Colle, vengono considerati in pista, in ordine alfabetico: Giuliano Amato, Pier Ferdinando Casini, Mario Draghi, Anna Finocchiaro, Paolo Gentiloni, Sergio Mattarella, Letizia Moratti, Romano Prodi.

Per Amato, già due volte Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, ed attuale vice Presidente della Corte Costituzionale, a gennaio del 2022 si prospetta comunque l’elezione al vertice della Consulta. L’eventuale elezione al Quirinale a metà febbraio conferirebbe alla sua Presidenza, oltre all’esperienza e alla credibilità da tutti riconosciuta ad Amato, un emblematico significato di rispetto della prassi e dei principi costituzionali, nel solco della presidenza Mattarella.

Per Casini oltre alle personali apprezzate trasversalità ecumeniche ed al background di garanzia, potrebbero essere decisivi la compattezza del centrodestra ed i voti dal quarto scrutinio quando per l’elezione occorrono poco più di 505 voti. Quorum che potrebbe ipoteticamente essere superato sommando gli attuali 454 voti parlamentari del centrodestra, quelli eventuali dei renziani (45) con in più l’aggiunta di un numero imprecisato di esponenti del gruppo misto e di ipotetici franchi tiratori di provenienza varia.
L’elezione di Mario Draghi avverrà al primo scruitinio o non avverrà. Dipende dal Premier, se sceglierà il Quirinale o l’esigenza di restare a Palazzo Chigi per mettere in sicurezza il Paese, dall’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dalla pandemia, a quella di lungo respiro, ma risolutiva per l’Italia, della modernizzazione digitale e dell’appianamento del debito pubblico. Dietro la prospettiva del recovery forever, cioè della stabilizzazione permanente e non soltanto fino al 2026 della valanga di finanziamenti europei del piano di ripresa Next Generation EU, si intravede infatti la possibilità di diluire il debito pubblico italiano nel debito sovrano europeo.
Per Sergio Mattarella le chance di rielezione restano intatte ed anzi in caso di impasse istituzionale, cioè di frammentazione parlamentare o di muro contro muro fra gli schieramenti, l’imparzialità e l’esperienza da manuale della sua Presidenza risulterebbero essenziali. Per gli ambienti politici potrebbe scattare la cosiddetta teoria della relatività costituzionale dell’interesse nazionale, che accomuna Mattarella e Draghi, per la permanenza dei quali alla Presidenza della Repubblica e alla guida del Governo rimbalza una standing ovation internazionale senza precedenti e da tenere in considerazione.

Nonostante il distacco e il sincero disinteresse di Romano Prodi rispetto alla eventuale candidatura è facile prevedere che il nome dell’ex Premier e leader dell’Ulivo figurerà nelle schede degli scrutini. Rispetto ai predecessori avrebbe una essenziale esperienza in più: quella di Presidente della Commissione europea.

Esperienza europea che assieme a Palazzo Chigi e alla Farnesina conferiscono ottime credenziali a Paolo Gentiloni.

Per Anna Finocchiaro e Letizia Moratti spiccano la grande competenza e lo stile evidenziate da Ministre, parlamentari e da manager. Stupisce, piuttosto, che siano le sole candidate con chance significative espresse dai partiti. Anche se assieme a Finocchiaro e Moratti fra le quirinabili figurano anche la Senatrice e scienziata Elena Cattaneo e la Ministra della Giustizia Marta Cartabia.
Gli algoritmi della politica prevedono che per l’elezione del 13° Presidente della Repubblica incideranno anche la situazione della pandemia, l’andamento dell’economia ed i rapporti internazionali. “L’ideale sarebbe rieleggere l’attuale o un nuovo Presidente che sia Amato quanto Mattarella” è la battuta che circola nei palazzi istituzionali…
