Il Papa nel mirino delle mitre vaticane. À la guerre comme à la guerre. A Santa Marta il motto francese viene pronunciato in spagnolo “en la guerra como en la guerra”, ma il significato è chiaro a tutti: dal perimetro interno delle mura Leonine le aperte ostilità contro Papa Francesco hanno cominciato ad inquinare i media e la Chiesa Universale.
Insomma è guerra aperta contro Bergoglio.
Un conflitto permanente che ha trasformato il Sinodo in un campo di battaglia. Prima un libro di denuncia contro una presunta deriva dottrinaria, scritto da 11 Cardinali, poi una lettera riservatissima di dure critiche sinodali firmata da 13 Cardinali, sempre gli stessi, fatta subdolamente trapelare e da ultimo lo scoop, subito scomunicato come infondato dal portavoce vaticano, sull’ipotetico, e comunque benigno, tumore al cervello del Papa.
Tre “pugnalate” inferte in rapida successione alle spalle del Pontefice proprio nel momento del più grande, unanime e carismatico successo che un Papa abbia mai riscosso sul piano internazionale. E nonostante tutti gli esempi di bontà, misericordia e santità del Vangelo, la guerra contro Francesco sta assumendo un crescendo reazionario che paradossalmente, per un Papa argentino, ricorda i peggiori regimi sudamericani. Non meno cruento anche il dopo Sinodo caratterizzato dall’oscuro intervento di “corvi” e infiltrati, smascherati e arrestati dalla Gendarmeria vaticana.
Una reazione al veleno che si oppone alla nuova Crociata che Papa Francesco ha avviato per la catarsi della Chiesa. Con risultati già evidenti: in soli trenta mesi di Pontificato, Bergoglio ha attuato più Concilio di tutti i Papi degli ultimi 50 anni, ha spostato la frontiera della fede dall’esercizio del potere, all’umiltà, all’accoglienza dei profughi. Dalla teologia dei peccati altrui, all’impegno nelle periferie. Dalle banlieue metropolitane ai confini dei paesi sconvolti da conflitti, terrorismo, fame ed epidemie. Una rivoluzione epocale, ma appena agli inizi e che rischia di essere soffocata non all’esterno, ma all’interno delle stesse mura vaticane.
Le mura che l’ultima crociata intende abbattere: quelle del conservatorismo e dell’assolutismo ecclesiale, incompatibili con un Papa che ha riposizionato la Chiesa Universale fra San Francesco e Suor Teresa di Calcutta.
“Fra la rivoluzione di Gesù e quella di certi casinisti nostrani c’è una bella differenza: lui combatteva per una realtà integrale piena di perdono, altri combattevano e combattono per imporre il loro potere” cantava Fabrizio De André e i Gattopardi vaticani che hanno scatenato la guerra per non cambiare nulla sono numerosi e agguerriti.
Tanto che secondo gli archivi dei vaticanisti i “nemici” di Francesco avrebbero già superato, per numero e livello gerarchico, gli oltranzisti che tentarono di bloccare San Giovanni XXIII°, il Papa che convocò il Concilio Ecumenico.
Al vertice dell’opposizione figurerebbero i Cardinali:
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Gerhard Ludwig Muller
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Walter Brandmuller
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George Pell
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André Vingt-Trois
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Raymond Burke
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Timoty Dolan,
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Robert Sarah,
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Angelo Scola,
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Camillo Ruini
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Carlo Caffarra
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Angelo Bagnasco
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Mauro Piacenza
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Velasio De Paolis
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Tarcisio Bertone
Un “esercito di mitre” potente e ramificato che ha aperto le “ostilità” contro Francesco dopo la sua coraggiosa denuncia, in mondovisione, delle piaghe che affliggono la Curia, cioè l’essenza stessa del Vaticano. Ma dopo le ultime “pugnalate” le contromisure della Crociata contro i protagonisti degli intrighi sono già scattate. A Santa Marta alla citazione di Nicolò Machiavelli secondo il quale “Le coniurationi fallite rafforzano lo principe e ruinano li coniurati” viene preferita la più misericordiosa, e comunque minuziosa, individuazione dei protagonisti di quella che nei paesi sudamericani si definisce un’ intentona, cioè il primo preannuncio di un tentativo di golpe
Francesco ha infatti accelerato la radicale trasformazione del Collegio Cardinalizio.
A breve sarà annunciato un nuovo Concistoro per la creazione di nuovi Cardinali, sulla scia delle dirompenti nomine dei successori di Caffarra e Romeo alla guida delle Arcidiocesi di Bologna e Palermo. Per la Cattedra bolognese di San Petronio il Papa ha scelto Mons. Matteo Maria Zuppi, 60 anni appena compiuti e fino adesso Vescovo ausiliare a Roma. Esponente della Comunità di Sant’Egidio nel 1992 Zuppi ebbe un ruolo decisivo come mediatore per la fine della sanguinosa guerra civile nel Mozambico e successivamente ha lavorato a fianco di Nelson Mandela. Rivoluzionaria soprattutto la nomina del nuovo Arcivescovo di Palermo: Mons. Corrado Lorefice , 53 anni, Vicario episcopale della Diocesi di Noto, seguace di Dossetti e di Padre Puglisi e molto vicino al Segretario dei Cei, Mons. Nunzio Galantino e a Don Luigi Ciotti.
L’obiettivo è il completamento delle nomine della maggioranza assoluta dei 125 Cardinali elettori, deputati ad eleggere in Conclave il nuovo Pontefice.
L’intenzione del Papa è quella di assicurarsi il proseguimento della Crociata contro il vecchio Vaticano con un successore che non annulli, ma anzi prosegua e sviluppi la rivoluzione avviata dal suo pontificato.
Perché, come sosteneva Luigi Sturzo, le rivoluzioni sono figlie di idee e di sentimenti, non di interessi.