Sette, otto colpi di calibro 38 sparati da distanza ravvicinata contro Piersanti Mattarella. Massacro e tenebre. Mosaico di un delitto senza alcun flash di verità e giustizia.

A distanza di 40 anni, invece, brilla ancora di più la luce politica del Presidente della Regione Siciliana assassinato davanti casa la mattina del 6 gennaio del 1980 in Via Libertà a Palermo.
La luce ideale della buona politica e della buona amministrazione di Piersanti Mattarella, disperse e capovolte dopo il delitto dell’Epifania.
Un omicidio dirompente. Attorno al quale, prima durante e dopo, si muovono le ombre e le trame della sinistra ballata dei tre Vito che in quei giorni e ancora per anni caratterizzarono le vicende politiche siciliane e nazionali: il politico capomafia Vito Ciancimino, l’avvocato dei misteri Vito Guarrasi e il Generale Giuseppe Santovito, direttore del Sismi, l’allora servizio segreto militare.
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Ci sono dossier segretati sull’assassinio di Piersanti Mattarella, in particolare riguardanti eventuali connessioni col delitto Moro?
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Oltre alla constatazione che i vertici dei servizi di Sicurezza ( il Generale Giulio Grassini al Sisde e il Generale Santovito al Sismi) risultarono iscritti alla loggia segreta P2 di Licio Gelli, quale era l’assetto complessivo degli organici investigativi e dell’intelligence in quegli anni a Roma e a Palermo?
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Quale ricostruzione emerge incrociando tutte le informative ed i rapporti delle forze dell’ordine, dei servizi di sicurezza, dell’archivio dell’Ufficio Affari Riservati diretto dal Prefetto Federico Umberto D’Amato, nonché i verbali degli interrogatori di tutti i collaboratori di giustizia riguardanti il contesto e l’agguato di via Libertà?
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Che riscontri risultano nei confronti di Licio Gelli, di esattori ed esponenti politici regionali o nazionali, chiamati in causa direttamente o indirettamente da pentiti, da testimonianze processuali o da rapporti investigativi?
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Come è stata valorizzata la minuziosa testimonianza oculare di notevole attendibilità trattandosi di una critica d’arte abituata allo studio dei particolari, fornita dalla Professoressa Irma Chiazzese, la moglie di Piersanti Mattarella, seduta accanto a lui mentre l’assassino lo colpiva a morte? Sono stati incrociati tutti i particolari fisiognomici e espressivi forniti dalla Professoressa Chiazzese Mattarella, con i dati riferentesi ai killer professionisti delle varie cosche mafiose e delle organizzazioni terroristiche? A cominciare da quanti venivano notoriamente indicati come spietati assassini che sogghignavano mentre sparavano?
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Fra i possibili sicari sospetti, quanti sono in carcere e quanti a piede libero o latitanti?
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Sono stati incrociati i riscontri delle perizie balistiche, delle impronte digitali e dei vari reperti organici ancora disponibili con quelli degli archivi delle banche dati successive?
Sono molte e tutte inquietanti le domande rimaste fino ad ora senza risposta in un anniversario schiacciato dal peso di 14.610 giorni esatti di interrogativi.
Ma il mosaico è delineato. Mancano le tessere del cui prodest politico, dei mandanti e degli esecutori.
I cittadini della Repubblica Italiana, confidano, sperano e attendono che lo Stato e le Istituzioni vadano fino in fondo. Come impongono la Costituzione e le leggi.
A differenza della fine degli anni ’70, la Repubblica Italiana interpreta ora pienamente e autenticamente i principi costituzionali ed è in grado di far luce fino in fondo sul terribile contesto degli anni di piombo: dall’omicidio di Aldo Moro all’assassinio del Presidente della Regione Siciliana, che di Moro era l’erede politico.
La verità su via Fani a Roma e via Libertà a Palermo è già evidente su uno sfondo storico che attende soltanto di essere illuminato dalla luce della giustizia.
Verità sconvolgenti che delineano il contesto di un Paese attraversato, inconsapevolmente o meno, da un sostanziale golpe sotterraneo contro le istituzioni. Un golpe fantasma, mascherato per Moro da attentato terroristico e per Piersanti Mattarella da delitto mafioso.
Amare ed emblematiche, in proposito le conclusioni di Giovanni Grasso, autore del saggio “Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia” – edizioni San Paolo:
“Funzionale a questa logica la narrazione dei media che…preferiscono adagiarsi su stereotipi e semplificazioni…è molto più facile e “popolare” celebrare come simboli della lotta alla mafia unicamente i magistrati o i membri delle forze dell’ordine…piuttosto che misurarsi con la complessità di vicende che comportano l’approfondimento del pensiero e delle vicende di uomini politici. Nel caso di Mattarella…questo avrebbe dovuto significare una serrata verifica dell’assunto del “democristiano diverso”. Con l’obbligo di fare i conti con un rebus apparentemente insolubile…comprendere i motivi per i quali dalla stessa e unica matrice religiosa e culturale…sarebbero nate…piante così diverse: quelle dei complici e quella delle vittime, quella dei rinnovatori e quella dei corrotti –corruttori. Con un punto di caduta addirittura sorprendente: Mattarella, a benvedere, non andrebbe considerato come un “democristiano diverso”, ma come un“democristiano autentico”.
Lo conferma il Cardinale Arcivescovo di Palermo Salvatore Pappalardo che durante i solenni funerali di Piersanti Mattarella esclamò “Egli poteva ben attribuirsi, senza dover arrossire, la duplice qualifica di democratico, nel senso vero ed ampio della parola, e di cristiano” …
“Senza dover arrossire” osserva ancora Giovanni Grasso nel libro “Piersanti Mattarella da solo contro la mafia” – edizioni. San Paolo “un passaggio che punta dritto alla crisi morale di un partito, la Democrazia Cristiana, che ha visto avvicendarsi, sovrapporsi e confondersi al suo interno irreprensibili uomini di Stato e …coinvolti in scandali e malaffare…a volte perfino con la criminalità” sottolinea ancora Giovanni Grasso che evidenzia come:

“Poi l’omelia di Pappalardo conosce come un’impennata …“Perché è stato ucciso Piersanti Mattarella?” …Una cosa sembra emergere sicura ed è l’impossibilità che il delitto sia attribuibile a sola matrice mafiosa…”
Parole profetiche pronunciate dal Cardinale a poche ore dal delitto, ma che a distanza di 40 anni, non hanno ancora una risposta.
Immagini copertina. Autore Franco Lannino/ANSA