Sabbie mobili e trappole lungo la rotta di Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti.
Da Rousseau a Conte, per i 5 Stelle il big bang fra il vaffa primigenio e la caduta del fantomatico governo del Giuseppi ter, rappresenta una totale evoluzione genetica della politica.
Un trapianto politico multiplo di testa, cuore e apparato digerente di un movimento parlamentare, mai finora tentato nel pur variegato repertorio della storia italiana. Giuseppe Conte dovrebbe sostituire contemporaneamente il vertice e commissariare ministri e gruppi parlamentari di un partito che non controlla e che vanta il tasso più alto deputati e senatori fuoriusciti, espulsi o dimessi.
Più che una missione impossibile è una trappola. Nella quale l’ex Premier, con l’ausilio di vari alibi e della consueta tattica dell’eterno rinvio, sta tentando di non cadere.
Chi invece rischia di rimanere imbrigliato nella trappola dei 5 Stelle è Nicola Zingaretti. Nonostante il recente palmares politico di disastri e figuracce, dichiarazioni di guerra e rese incondizionate, il segretario del Pd continua a considerare essenziale l’alleanza elettorale con i grillini e a rilanciare il ruolo di Conte. Senza considerare che istintivamente, o perché gli verrà in ogni caso attribuito, l’unico ruolo politico dell’ex Presidente del Consiglio sarà quello di fare il controcanto, tacito o meno, al Governo Draghi.
Con l’aggravante di rischiare di essere trascinato nel vortice del naufragio annunciato dei 5 Stelle e che nessun deus ex machina potrà prevedibilmente scongiurare, a meno di trasformare radicalmente quello che è stato fino adesso il movimento in un partito nuovo e diverso. Ma questa è un’altra storia. Per concretizzare la quale servono voti veri, e non sondaggi.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1