by Augusto Cavadi
Per i palermitani padre Bartolomeo Sorge è stato dal 1986 al 1997 una presenza significativa, ma – a suo stesso dire – anche Palermo è stata una città significativa per lui, toscano di origini catanesi.
Vi è arrivato a dirigere la Scuola di formazione politica dell’Istituto “Pedro Arrupe” in un lungo intervallo fra Roma (dove dirigeva la rivista “Civiltà Cattolica”) e Milano (dove, responsabile del Centro San Fedele, ha diretto le riviste “Popoli” e “Aggiornamenti Sociali”).
I suoi meriti non sono pochi e, in occasione del suo sereno trapasso, è facile a tutti evocarli, tranne forse a Salvini che egli, in un’intervista che fece infuriare il leader della Lega, assimilò alla mafia per la tendenza di entrambi a strumentalizzare i simboli religiosi pur contraddicendo sistematicamente il vangelo.
Un accostamento che non potei non condividere avendolo sostenuto anni prima nei due volumi, con la San Paolo di Milano, Il Dio dei mafiosi e Il Dio dei leghisti).
L’ammirazione per il celebre gesuita non dovrebbe cancellare le perplessità che suscitava la sua personalità troppo consapevole delle proprie qualità: era più intelligente e più preparato di altri confratelli con cui condivise un tratto di strada accanto a Leoluca Orlando nell’atmosfera della “Primavera di Palermo”, ma lo sapeva e faceva di tutto perché ciò fosse notato e riconosciuto da tutti.
Certi atteggiamenti da “prima donna” non hanno favorito la formazione di una vera e propria squadra intorno a lui.
Porterò con me il ricordo di alcuni episodi che me lo resero simpatico. Una sera ci riunimmo nella sua stanza con un giovane missionario per programmare un ciclo di tre conferenze pubbliche che di lì a poco si sarebbero svolte a Barcellona Pozzo di Gotto: la prima affidata a p. Sorce, la seconda a me e la terza, conclusiva, al Superiore generale della Congregazione missionaria organizzatrice. Alla ricerca di un titolo complessivo dell’intero ciclo, il missionario propose: “Cristo-mondo: la risposta alle domande dell’umanità”.
Mentre in silenzio cercavo di interpretare quello strano abbinamento alla Teilhard de Chardin fra Gesù e l’universo, p. Sorge intervenne con una domanda e una proposta: “Reverendo confratello – chiese con un sorriso sornione al giovane, entusiasta, predicatore – è proprio convinto che, se venisse a sapere di questo titolo, Sua Eminenza il cardinale Ratzinger sarebbe del tutto d’accordo?”.
Poi, con lo stesso tono leggermente divertito, propose una modifica: “Mi pare esagerato dire che Gesù sia «la» risposta «alle» domande dell’umanità. Non sarebbe più prudente limitarsi ad affermare che il nostro Maestro costituisca «una» risposta ad «alcune» domande?”.
Se non per convinzione, almeno per rispetto del famoso gesuita, il titolo alquanto trionfalistico della ‘missione’ nel messinese fu modificato. Ed è grazie a precedenti del genere che, dal 2013 in poi, non mi sarei stupito di certe affermazioni dell’altro gesuita José Mario Bergoglio.