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La lezione dell’Afghanistan: la storia si ripete?

Donne dell’Afghanistan in bilico sulla legge islamica: senza burqa, ma destinate ad una vita da schiave.

Agli ottimisti ed ai compassionevoli, favorevoli alla pax talebana, è consigliata un’andata a Kabul, pur senza sicurezza di ritorno.

Il difficile 8 marzo delle donne in Afghanistan - Famiglia Cristiana

Anche se non riflette la situazione reale del resto del paese, sul quale è calato un sinistro silenzio che sa di vendette, repressione e morte, la capitale trattiene ancora il fiato nell’illusione che spentisi i riflettori dei media internazionali i talebani non passino dalle parole ai fatti e applichino con intransigenza la sharia, cioè che riprecipitino il paese nel più cupo medio evo.

Paradossalmente l’apocalisse annunciata dell’Afghanistan avrà conseguenze ancora più tragiche se non si comprende appieno la lezione storica e strategica delle cause e degli effetti degli avvenimenti succedutisi nel paese fin dal 1978.La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete ?

Il colpo di stato che in quell’anno istaura una repubblica comunista filo sovietica segna una profonda frattura degli equilibri tribali dell’Islam allora moderato nell’antico regno crocevia dell’Asia, fino ad allora cautamente apertosi alla cultura e alla modernizzazione occidentale.

The war to start all wars 30 years later, 'Meduza' answers key questions about the Soviet-Afghan War — Meduza
Dicembre 1979 l’Armata Rossa invade l’Afghanistan

L’oltranzismo marxista-leninista provoca una violenta e diffusa reazione, monopolizzata dal fondamentalismo islamico. Reazione che non viene arginata neanche dall’invasione sovietica dell’Afghanistan, che anzi segna l’inizio della resistenza dei guerriglieri Mujaheddin, i combattenti per la liberazione, fra i quali si distingue la fazione estremista dei talebani, gli intransigenti studenti delle scuole coraniche. Una  copia ancora peggiore di Torquemada e dell’Inquisizione spagnola sul versante islamico.

A questo punto la storia ripete uno dei suoi errori fatali: per provocare la sconfitta sovietica, Washington e la Nato cominciano ad armare Mujaheddin e talebani con armi sofisticate che consentono loro di fronteggiare i russi.

La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete
Guerriglieri talebani con i missili portatili FIM-92 Stinger di produzione Usa

Esattamente come quando nel 1917 lo Stato maggiore del Kaiser tedesco contattò Vladimir Lenin, rivoluzionario russo in esilio in Svizzera, lo mise su un treno e via Svezia e Finlandia lo spedì a Mosca, dove lo stratega della rivoluzione d’Ottobre impose alla Russia post zarista di arrendersi senza condizioni alla Germania.

La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete
L’arrivo di Lenin a San Pietroburgo nel 1917

Solo che, come per la rivoluzione marxista-leninista russa destinata a destabilizzare il mondo, gli Usa e l’occidente non si sono resi conto che con l’obiettivo di provocare il collasso dell’Unione sovietica avevano innescato il mostro del fondamentalismo islamico, fino ad allora rimasto circoscritto all’Iran dell’Ayatollah Khomeini.

Così mentre gli eredi di Lenin, prima alleatisi per un riflesso pavloviano con la Germania di Hitler e che poi, dopo aver constatato sulla propria pelle la disumanità dei nazisti, sono diventati il nemico numero uno delle democrazie occidentali, a mezzo secolo di distanza la storia si ripete sul versante afghano.

Dopo il ritiro con oltre 50mila vittime dell’Armata Rossa, i talebani si sono infatti scatenati contro chi li aveva armati: Stati Uniti e occidente, trasformando l’Afghanistan nella base dei terroristi islamici che hanno distrutto le Torri gemelle a New York e provocato gli attentati dell’11 settembre del 2001.

E allora, in che modo metabolizzare e se possibile rimediare alla lezione afghana, ovvero alla constatazione che l’innesco delle rivoluzioni e del terrorismo provoca conseguenze incontrollabili, destinate a ripercuotersi sempre contro chi le ha innescate?La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete

Le risposte, canterebbe Bob Dylan, soffiano nel vento della storia. Intanto evitando che la storia si ripeta, come sostiene Tucidite, il primo ad esserne testimone universale.

Al di là delle autoanalisi sempre dolorose e complesse, l’unica speranza che si intravede nello sviluppo ancora  imprevedibile dell’apocalisse in progress dell’Afghanistan, è che i semi della democrazia, della libertà, dell’emancipazione femminile, compresi quelli tecnologici degli smartphone, del consumismo e del web, vissuti negli ultimi venti anni a Kabul, Kandahar, Herat, Mazar-i Sharif, Jalalabad Kunduz, in tutte le città e perfino nei villaggi sperduti del paese, fioriscano spontaneamente e provochino una reazione popolare a cominciare dalle donne afghane, vittime principali della medioevale restaurazione dei talebani ed alle quali è permesso esclusivamente di essere…schiave.La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete

Una rivolta che è solo questione di tempo, e purtroppo di sopravvivenza, in un paese senza industrie, materie prime, agricoltura, strade, ferrovie, infrastrutture ed il cui unico sostentamento da quasi 50 anni è la guerra civile, cioè le risorse, le finanze, la sanità, le scuole, i trasporti e tutto il resto che gli eserciti che si sono avvicendati a Kabul hanno garantito.La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete

A proposito della storia e della lezione afghana, forse hanno ragione entrambi: Karl Marx e Miguel de Cervantes. Marx quando affermava che : “ I fenomeni storici accadono sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.”

Mentre Cervantes, con un taglio molto più concreto, sostiene che: “La storia è madre della verità, emula del tempo, depositaria delle azioni, testimone del passato, esempio e annuncio del presente, avvertimento per il futuro”.

Non ci sono altre alternative: la storia o arricchisce e fa evitare di ripetere scelte controproducenti e disastrose, oppure semplicemente travolge
La lezione dell’Afghanistan la storia si ripete ?

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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