by Antonino Cangemi
Oggi pochi conoscono Massimo Bontempelli. Eppure è stato uno dei maggiori protagonisti della vita letteraria del ‘900.
Nel 1926, con Curzio Malaparte, fondò la rivista ‹‹900. Cahiers d’Italie et d’Europe›› dando respiro europeo alla cultura italiana e aprendo le porte alle innovative istanze europee, soprattutto francesi.

Nella rivista Bontempelli espose la poetica del ‹‹realismo magico››, di cui fu il padre. Oggi, quando si parla di ‹‹realismo magico›› vengono in mente Garcìa Màrquez e altri scrittori sudamericani. Sebbene la cifra stilistica sia molto diversa, il loro‹‹realismo magico›› affonda le radici nelle pagine di questo oggi semisconosciuto scrittore italiano e Borges, che lo apprezzò, ne era consapevole.
Come mai Bontempelli è stato dimenticato? Un recente volumetto edito da Sellerio, ‹‹Il caso Bontempelli. Una storia italiana›› di Paolo Aquilanti ci illumina. Il libro di Aquilani, infatti, ripercorre le vicende dell’espulsione di Bontempelli dal Senato della Repubblica, dove era stato eletto nel ’48 nelle liste del ‹‹Blocco del popolo››, chiarendo i motivi politici che, nel panorama letterario, lo emarginarono.

Quale la sua colpa? Bontempelli, che in epoca fascista godeva di grande considerazione ed era stato nominato ‹‹Accademico d’Italia››, nel ’35 aveva pubblicato un’antologia di letture scolastiche, poi riedita nel ’39. Quell’antologia, secondo l’accusa che gli venne mossa in Senato nel ’50, costituiva apologia al fascismo e la legge allora vigente vietava l’elezione a chi nell’ultimo quinquennio avesse scritto opere di propaganda fascista. Aquilanti, nel suo interessantissimo libro, ricostruisce con dovizia e passione, la seduta parlamentare del 2 febbraio del ‘50 che ne decretò l’espulsione: su 213 votanti a scrutinio segreto, 112 si espressero contro la sua permanenza al Senato, 101 a favore.
Ma, al di là del contenuto della “famigerata” antologia, quale fu il rapporto di Bontempelli col fascismo? Il grande scrittore comasco – intellettuale eclettico dai mille interessi: fu anche poeta, musicista, critico musicale, critico letterario, giornalista di punta, conferenziere – fu organico al regime, ma in un certo momento il suo idillio con Mussolini si raffreddò sino poi a svanire.

La sua adesione al fascismo entra in crisi con il discorso funebre a Pirandello, col quale, insieme alla sua compagna di vita e scrittrice Paola Masino, ebbe un sincero legame di amicizia. Quel discorso, in cui Bontempelli diede una lettura personalissima dell’opera pirandelliana ponendo l’accento sul suo “candore”, non fu gradito dal regime e gli costò un anno d’esilio.
Successivamente e gradualmente Bontempelli e il fascismo entrarono in rotta di collisione. Nel dopoguerra Bontempelli aderì al Pci. A detta dei suoi detrattori, fu un voltagabbana e con il suo ingresso nel partito marxista il padre del ‹‹realismo magico›› tentò di rifarsi una sua “verginità politica”.
E però è lecito chiedersi quanti intellettuali italiani furono fascisti per poi schierarsi con i partiti di sinistra? Per citarli occorrerebbe un libro intero. Non solo, ma un particolare tutt’altro che trascurabile è sottolineato ne ‹‹Il caso Bontempelli. Una storia italiana››.
L’indomani della sua espulsione dal Senato, in un articolo dell’‹‹Unità›› si evidenziò come il relatore democristiano Alberto Canaletti Gaudenti, che in quella movimentata seduta al Senato del 2 febbraio del ’50 puntò l’indice contro l’antologia “fascista” di Bontempelli, non fosse esente da “peccati”: sotto il regime mussoliniano aveva pubblicato scritti di economia di encomio alla ‹‹Carta del lavoro›› fascista. Fosse stato coerente, avrebbe dovuto chiedere di essere espulso anche lui…