La Libia come la Somalia? Un incubo che rischia di materializzarsi se dovessero trovare conferma le ricorrenti voci di una fuga verso la Libia del sedicente califfo islamico Abu Bakr al Baghdadi.
In fuga dall’assedio di Mosul il capo del Daesh si sarebbe rifugiato nelle zone ancora controllate in Siria, da dove vorrebbe raggiungere l’entroterra libico. Anche se si trattasse di una bufala, o di un diversivo, la sola ipotesi della presenza in Libia di al Baghdadi ha già fatto scattare l’allarme rosso in tutto il Maghreb e in particolare nella Tripolitania, controllata dal governo di Fāyez al-Sarrāj e dalle milizie di Haitham Tajouri e nella Cineraica, controllata dal Generale Khalifa Haftar.
Il rischio peggiore è che la Libia venga trasformata in una Somalia al centro del Mediterrano. Una base permanente per l’organizzazione di attentati in Europa e di invasioni di massa di rifugiati. E ancor peggio un’area catalizzatrice del radicalismo islamico e potenzialmente in grado di destabilizzare l’Africa e il Maghreb.
“L’analisi si deve basare su fatti riscontrati, che attualmente non ci sono. Gli scenari sono dunque ipotetici, ma in ogni caso preoccupanti“ sottolinea l’editorialista Michela Mercuri, docente di Storia Contemporanea dei Paesi mediterranei all’ Università di Macerata.
- Al Baghdadi in Libia, possibile?
Non è la prima volta che circolano voci su una possibile presenza in Libia di al Baghdadi. Già nel dicembre del 2015, l’agenzia iraniana Fars aveva annunciato che il “Califfo” si era rifugiato in Libia, nell’allora roccaforte di Sirte. Secondo altre agenzie, sempre della Fars – che cita i servizi di sicurezza iracheni– ora potrebbe essere a Raqqa. Difficile poter verificare la veridicità di queste indiscrezioni. Possiamo però avanzare alcune ipotesi. In Siria, come in Iraq, il sedicente Stato islamico è in difficoltà e non solo perché sta perdendo terreno. Alcuni dei suoi stanno defezionando.
Negli ultimi giorni si sono rincorse notizie di esecuzioni di massa di alcuni miliziani che avrebbero tradito l’organizzazione, sia in Iraq, dove avrebbero tentato di arrendersi alle forze irachene, sia in Siria, dove sarebbero fuggiti da vari campi di battaglia. Si è parlato anche della defezione di alcuni dei comandanti dello Stato islamico e dunque non solo di semplici combattenti. La fuga da Mosul del Califfo potrebbe essere legata anche a questi eventi. Forse il Califfo non si fida neppure più dei suoi uomini in queste zone.
- Quale l’ipotetico contesto del daesh libico?
Lo Stato islamico è stato battuto a Sirte dalle milizie di Misurata fedeli, almeno per ora, al premier Sarrāj. In ogni caso i miliziani dell’Isis a Sirte – circa 3.000 prima dell’inizio dell’offensiva – non sono stati tutti uccisi o catturati. Molti sarebbero fuggiti verso il sud del paese trovando riparo nel Fezzan. Da qui, grazie anche ai fiorenti traffici della zona, potrebbero riorganizzarsi. Inoltre la Libia, nonostante gli sforzi internazionali, appare sempre più uno Stato fallito in mano a milizie che il governo unitario non riesce a controllare. Soprattutto la zona di Tripoli e dintorni e le desertiche aree interne sono in preda all’anarchia ed al controllo di gruppi locali. Questa frammentazione, unita all’assenza di controllo e alla presenza di numerosi gruppi terroristici, potrebbe essere molto utile ad Al Baghdadi ora che le sue forze “traballano” nel Levante. Un tale scenario sarebbe evidentemente molto grave per la Libia e l’intera area mediterranea.