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L’indecifrabilità della Sicilia

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

I cardini del pensiero Socrate Buddha Confucio Gesù

by Augusto Cavadi

La Sicilia non è solo difficile da decifrare oggi, lo è anche nel suo passato. E lo è tanto più quanto si voglia risalire indietro nel tempo. Se ci fosse bisogno di provare questa affermazione basterebbe leggere la recente Storia della Sicilia in età antica. Popolazioni preistoriche, Sicani, Siculi, Elimi, Cartaginesi, Greci, Romani, a cura di M. Trombino, Diogene Multimedia, Bologna 2024, pp. 254, euro 25,00. Infatti gli autori scandiscono l’esposizione con insistenti “Sembra che”, “Non è sicuro che”, “Si tramanda che”…L'indecifrabilità della Sicilia

Per i millenni preistorici bisogna accontentarsi di graffiti sulla roccia e di narrazioni mitiche: “Non siamo quindi in grado di indicare con certezza quando e da dove i Sicani, i Siculi, gli Elmi e le altre popolazioni di cui sappiamo ancora meno, sono giunti in Sicilia. Ma sappiamo che quegli uomini non furono i primi. Molte migliaia di anni prima che queste popolazioni venissero in Sicilia per abitarla, abbiamo testimonianze rupestri e archeologiche che ci parlano di altri uomini venuti anche in questo caso non sappiamo da dove né come” (p. 19). Già in queste ipotesi sull’origine della popolazione isolana c’è inscritto il destino della Sicilia sino ai nostri giorni: essa non ha mai prodotto una civiltà indigena autonoma, ma ha accolto – di buon animo o per rassegnazione passiva – civiltà nate in altre aree del pianeta che in essa hanno poi raggiunto “un punto alto di creatività e di coscienza di sé.L'indecifrabilità della Sicilia

Lo si percepisce visitando la cartaginese Mozia, assistendo ad una rappresentazione classica nel teatro greco di Siracusa, nelle città degli Elimi dai panorami amplissimi, o percorrendo la via sacra di Agrigento. Non un’unica civiltà – i popoli, le loro tradizioni e le loro lingue erano diverse – ma un’unica storia, nel Mediterraneo” (p. 15).

Dalla “notte dei tempi” la Sicilia esce, nei  secoli VIII – VI a. C , grazie alla colonizzazione dei Greci, in rapporti ora di collaborazione commerciale ora di conflitto bellico con i colonizzatori fenici, i Cartaginesi, provenienti dall’Africa settentrionale. La tensione fra queste due potenze mediterranee dura sino al 241 d. C, quando “Cartagine venne esclusa dalla Sicilia” e “l’isola entrava, come primo territorio fuori dalla penisola (italica) , nell’orbita dell’imperialismo romano” (p. 200).  Ma di questi circa dieci secoli possiamo ascoltare solo il punto di vista dei Greci e dei Romani perché dei Cartaginesi non sono rimasti né documenti scritti né ancor meno opere storiografiche (come Erodoto, Tucidide, Polibio, Tito Livio, Diodoro Siculo).L'indecifrabilità della Sicilia

Gli autori del volume (di cui è previsto il seguito in due volumi dedicati rispettivamente alla Sicilia in età tardo-antica e alto-medioevale e alla Sicilia in età medioevale) dedicano una sezione intera a Il V secolo breve ma d’oro. Un mondo giovane e creativo, dalle molte lingue (pp. 95 – 149) e altre due  sezioni al ruolo di Siracusa che diventa una potenza militare e commerciale in direzione tanto del Tirreno quanto dell’Adriatico, sino a quando non fu “conquistata e saccheggiata dal console romano Marcello nel 212” (pp. 151 – 201). Così la sesta parte del volume è dedicata alla storia della “Sicilia come Provincia romana”(p. 218), caratterizzata – sarà l’inizio di una tendenza plurisecolare ! – da una logica di sfruttamento: “la ricchezza siciliana non restava in Sicilia, ma veniva in gran parte trasferita altrove, per le esigenze del governo della Repubblica Romana” (p. 219). Funzionale a questa strategia l’estensione dei latifondi e la moltiplicazione degli schiavi, la cui condizione – al di là delle modifiche legali – non muterà nella sostanza sino alla prima metà del XX secolo. Quanto questa situazione di abissale differenza fra ceti oligarchici e masse sfruttate  (contro cui nulla potettero le ribellioni guidate rispettivamente da Euno a Enna e da Trifone a Siracusa) abbia costituito il terreno di coltura della mafia nel XIX secolo è facile da intuire: il controllo su queste masse di schiavi veniva affidato, dai proprietari terrieri residenti a Roma o comunque fuori dall’isola, a  “uomini di fiducia” (p. 223) che finiranno con l’acquisire un incontenibile potere effettivo e illegale. Ma qui si aprirebbe tutto un altro scenario.L'indecifrabilità della Sicilia

 

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Augusto Cavadi
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Giornalista pubblicista, Filosofo. Fondatore della Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone di Palermo
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