Annoverato fra gli Dei calcistici dai critici più esperti e severi, ma anche colti e raffinati come Gianni Brera, Luis Suarez ha rappresentato nel ventennio tra il 1954 ed il 1974 la quintessenza del calcio.

Come l’etere nella fisica aristotelica, Suarez era l’ imprescindibile elemento costitutivo del centrocampo dell’Inter di Helenio Herrera, di Angelo Moratti, Sandro Mazzola, Mario Corso, Giacinto Facchetti, Sarti, Burnich, Picchi, Jair, Peirò, Domenghini ecc. vincitrice di tutto e di più nel quadriennio ‘62/’66.

Il tocco magico di Luisito pennellava cross che aggiravano le difese avversarie e propiziavano i gol nerazzurri. Fra tra il 1954 e il 1961, prima di approdare a Milano, Suarez era stato una colonna del Barcellona realizzando 80 reti in 176 partite.
Ma é alla mitica Inter di H.H. che il campeao spagnolo nato in Galizia diventa leggenda mondiale, traducendo in gioco veloce e preciso lo schema del contropiede che il mago Herrera predisponeva per ciascuna squadra avversaria, dal Real Madrid di Di Stefano, matata nella storica finale della Coppa dei Campioni a Vienna, al Benfica di Eusebio, all’Indipendiente .

Pilastro fondamentale della formazione nerazzurra, con l’Inter ha disputato in tutto 333 partite realizzando 55 reti e vinto tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali.

Allenatore della Nazionale italiana e dell’Inter nel secondo tempo della sua esperienza calcistica italiana, Luisito Suarez lascia un’immagine di persona lungimirante e sempre disponibile, affabile, mai sopra le righe. Un campione nello sport e nella vita, che rimarrà nella storia del calcio come uno dei più grandi giocatori degli anni Sessanta.
.