by Adriana Piancastelli
Non c’è conforto per chi crea una vita e assiste alla morte della propria creatura.
Non può esistere alcun conforto per genitori a cui è stato strappato comunque un grumo di cellule e sangue.

L’efferatezza, la crudeltà, la cattiveria, l’odio con cui è stata uccisa Giulia Cecchettin non troverà facilmente rifugi di fede o speranze di resurrezione oltre l’arcobaleno; non bastano i puntelli rassegnati ad un dolore immenso che non può avere consolazione.
Giulia, promesse, sorrisi e futuro. Giulia, urla mute e un cadavere in un canalone: un’altra donna uccisa in Italia.

Una mattanza: 105 dall’inizio dell’anno, circa 600 negli ultimi 4 anni ed il record triste di essere tra i 5 Paesi europei a più alto tasso di morti femminili per omicidio insieme a Germania, Francia, Spagna e Regno Unito.
E’ difficile comprendere quale abisso di violenza e di frustrazione possa esplodere nella testa e nel cuore di assassini maschi di ogni età, cultura o ceto sociale.
I cosiddetti bravi ragazzi, quindi, sono quanto meno mostri di ipocrisia.
La corresponsabilità di alcune sfumature di frustrazione é spesso di noi madri abituate a coccolare questi principi azzurri da incubo senza allenarli alla responsabilizzazione, alla consapevolezza, alla capacità di autodeterminarsi, abbandonando il narcisismo.
Generiamo ed alleviamo narcisisti disagiati, incapaci di reggere il confronto con la libertà mentale di ragazze e donne infinitamente più determinate e indipendenti.
Scuole e famiglie devono lucidamente prendere atto e cercare di supportare tutti quei casi in cui occorrono sostegni psicologici professionali, senza falsi pudori, timidezze scettiche o sipari di perbenismo.
I vermi travestiti da re non tollerano i no, non accettano gli abbandoni, i primati altrui, le sfide perse, convinti di incarnare il meglio che ogni essere umano di sesso femminile possa appetire.

Filippo Turetta, il “bravo ragazzo…solo un po’ possessivo”, non é stato in grado di elaborare la freschezza vincente e vivace della sua ex ragazza, alla vigilia della laurea.
Giulia l’ha lasciato e volava verso un futuro di promesse, di successi e di sorrisi che non contemplava il bravo ragazzo.
Così bravo che ha deciso di annullarla, cancellandola con violenza premeditata, uccidendola a coltellate dopo averla tempestata di botte.
Così bravo da non avere neppure il coraggio di guardare un corpo senza vita lasciandolo rotolare come un rifiuto ingombrante in un canalone.
Così bravo da non trovare neanche un raggio di dignità e un alito di coraggio per uccidersi compiendo l’unica catarsi possibile.
Va incrementato con urgenza il potenziale deterrente per il genus di omicidio contro le donne per arginare l’orribile superficialità con cui si spengono vite femminili, magari solo per rabbia.
Ma ciò che manca di più nel sistema giuridico e processuale italiano é una revisione concreta della certezza e della durata della pena.
Che ergastolo sia, che sia carcere a vita senza alcuna attenuante e senza sconti di pena.
Che siano lavori usuranti da detenuti per evitare che la parte sana dello Stato debba mantenere delinquenti psicolabili.
Che non si trovino attenuanti in malattie mentali che altro non sono se non personalità disturbate border line da supportare in stato di detenzione.
Che i processi siano brevi, chiari, professionali, trasparenti, risolutivi e comprensibili a tutti anche senza lauree in giurisprudenza.
Che i politici non indossino mantelli magici e ipocriti con preamboli di buonismo da vecchi riti liturgici quando anche soltanto i filmati, la violenza, la ferocia, la reazione disperata di una ragazza, l’onta del cadavere vilipeso, l’arroganza della fuga e la superbia di un mancato atto suicidiario danno un immediata definizione di delinquente omicida a Filippo Turetta.
