L’inferno dei pendolari è condensato nell’annuale dossier stilato da Legambiente sulla base di interviste dirette e verifiche su tutte le tratte ferroviarie.
Nella black list dei pendolari a perdere,spina dorsale del dossier denominato Pendolaria, l’ex Circumvesuviana, la Roma Nord-Viterbo e la Roma-Ostia Lido si confermano anche quest’anno le linee ferroviarie peggiori d’Italia.
Pendolaria traccia una radiografia, anno dopo anno, che racconta il cambiamento, in termini di quantità e qualità, dei treni in circolazione e di conseguenza degli effetti sulla vita quotidiana dei pendolari di tutta Italia.
I disagi per pendolari e cittadini sono ancora notevolmente rilevanti da Sud a Nord. In troppe aree del Paese i treni, anno dopo anno, si riducono mentre i tempi di percorrenza si allungano, con la conseguenza che sempre più persone abbandonano questa modalità di trasporto perché trovano convogli sempre più affollati, vecchi e con continue cancellazioni.
Il risultato é che molti sono così costretti a spostarsi in auto o sui più efficienti ed economici pullman, con evidenti ripercussioni sul traffico e sull’inquinamento provocato dalle auto nelle aree metropolitane.
Dopo le prime tre linee ferroviarie peggiori completano la classifica delle 10 linee più inefficienti e disagiate, che nel complesso coinvolgono oltre 3 milioni di pendolari, la Milano-Chiasso, la Torino-Chivasso-Ivrea-Aosta, la Genova-Ovada-Acqui Terme, la Verona-Rovigo, la Terni-Sansepolcro, la Battipaglia-Potenza-Metaponto, la Agrigento-Palermo.
Per Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente “il rilancio della mobilità su ferro nelle città e la condizione che vivono i pendolari devono diventare una priorità dell’agenda politica nazionale. Oggi questo purtroppo non avviene, evidenzia Zanchini, che avanza la proposta al Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere.
La classifica di Legambiente evidenzia come su alcune linee ed in alcune città, la situazione sia addirittura peggiorata e manchi persino la speranza che qualcosa cambi.
Eppure, da queste criticità si dovrebbe partire per rilanciare l’offerta di trasporto pubblico su ferro, con beneficio in termini di meno inquinamento e meno congestione nelle nostre città, ma anche di qualità della vita e ridotta spesa per le persone.
Paradossalmente è negativo, in termini temporali, anche l’unico dato apparentemente positivo del dossier Pendolaria: la riduzione dell’età dei treni in circolazione. Continua infatti a rilento la dismissione dei convogli più vecchi in molte regioni, con l’età media arrivata a 15,4 rispetto ai 16,8 anni rispetto del 2017.
Un dato che la dice lunga sugli standard dei treni in circolazione. Un dato fra l’altro che riguarda esclusivamente Nord e Centro, ma non il Sud . In Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna lo svecchiamento dei treni è ancora di là da venire ed è rimandato di anni. Il record di vetustà dei treni è della Campania, con un’età media di ben 19 anni e sette mesi.
L’ altra grave lacuna riguarda il numero di treni in circolazione. Malgrado negli ultimi dieci anni i pendolari siano aumentati passando da 2,7 a 2,9 milioni sui treni regionali (+7%), il numero di treni in circolazione nelle regioni è aumentato solo dell’1,1%.
La priorità – secondo Legambiente- dovrebbe essere quella di partire dal recupero dei tagli alle risorse avvenuto rispetto a 10 anni fa. Dal 2009, infatti, le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 21,5%.
Una scelta che ha avuto come conseguenze tagli e disagi che i pendolari vivono ogni giorno. In molte regioni l’unica azione intrapresa come conseguenza di questi tagli é stata, infatti, l’aumento delle tariffe (in ben 16 regioni) o il taglio nei collegamenti (in 13 regioni): dal 2010 al 2019 il costo per i pendolari è aumentato notevolmente senza che a questo corrispondesse, per quanto riguarda le Ferrovie, un cambio dell’offerta in termini di qualità e quantità. Anzi, si registrano punte del 48% di incremento in Campania (a fronte di un taglio ai servizi del 15%), Liguria e Piemonte (con un taglio però più contenuto, rispettivamente del 4,8% e dello 0,4%). E ci sono anche situazioni al limite come in Molise, dove il capoluogo Campobasso non ha più collegamenti ferroviari con il mare perché é stata messa fuori esercizio la linea per Termoli.
In quasi tutte regioni, e in particolare nelle province dell’interno, a salvaguardare la frequenza e l’efficienza dei collegamenti dei pendolari rimangono soltanto le linee di autobus.
Fonte: Legambiente