Fenomenologia di una crisi concentrica che nelle ultime ore sta accelerando e nella quale si dibattono il Premier Conte, il Governo, le forze politiche e soprattutto il Paese.
Paradossalmente in Parlamento, nelle dichiarazioni di esponenti di vari partiti, all’inizio di una settimana davvero cruciale, si compatta una maggioranza spontanea che critica esplicitamente e anzi denuncia il rischio del rinvio come metodo politico di governo.

Da Goffredo Bettini, Pd, consigliere bilaterale di Zingaretti e del Premier Conte (“c’é bisogno di costituire un nuovo Governo, una nuova fase) a Federico Fornero Leu (” Far prevalere l’interesse Nazionale”) a Paola Binetti dell’Udc (“ le dimissioni del Premier sono necessarie, almeno così capiamo cos’é il Conte ter”), a Benedetto Della Vedova di Più Europa,(“Governo al capolinea dovrebbe dimettersi nell’interesse dell’Italia”) e soprattutto al segretario del Pd Nicola Zingaretti (“stiamo lavorando per garantire una base parlamentare ampia, europeista e con un programma autorevole ad un Governo per affrontare Covid, campagna vaccinale e stagione investimenti e RecoveryPlan”). Dichiarazioni precedute dall’affermazione di Di Maio “maggioranza o voto” che lascia intuire l’urgenza di una svolta.

Un crescendo che al momento rimbalza a Palazzo Chigi, dove di rinvio in rinvio si sarebbe preferito attendere l’esito dell’assemblea dei gruppi M5S di Camera e Senato con il capo politico reggente Vito Crimi, convocata per fare il punto sulla situazione politica. Una situazione con tutta evidenza giunta al punto di non ritorno.
Il termometro dell’ennesima snervante giornata di ordinario rinvio, registra il gelo di Confindustria per le parole con le quali Giuseppe Conte in video conferenza, senza mai pronunciare la parola crisi, illustra le misure del Recovery plan. “Il piano non è conforme alle linee guida di Bruxelles, bisogna fare le riforme strutturali” replicano da viale dell’Astronomia.
Una bocciatura che potrebbe essere seguita a giorni da quella ben più significativa della relazione parlamentare sull’incandescente tema della giustizia del Ministro Bonafede.
Per il Premier insistere sul miraggio dei senatori e sul protrarsi dello stallo, con una nuova conta al Senato sulla relazione Bonafede che appare perdente, potrebbe anzi precludere chance di successo dell’eventuale reincarico per il cosiddetto Conte ter.
Arroccamento o meno, la constatazione, evidenziata dal Ministro per gli affari europei Amendola, che le elezioni anticipate farebbero saltare il Recovery plan, e le ulteriori prese di posizione odierne del Pd e del vice Presidente di Forza Italia Antonio Tajani , contrarie al voto, fanno prevedere l’ineluttabilità delle dimissioni al Quirinale del Premier, l’apertura formale di una crisi già in atto da tre settimane e l’avvio di consultazioni per formare una maggioranza stabile.
Ma chi garantirà a Conte che una volta dimessosi e ottenuto l’incarico di formare il nuovo governo non verrà inghiottito dalle sabbie mobili dei veti incrociati e delle ambizioni inconfessate? si chiedono a Palazzo Chigi. “Nessuno, è la politica bellezza !” replicano gli ambienti parlamentari.
Il travagliato confronto interno permanente del Pd e del Movimento 5 Stelle su come superare lo stallo politico che tiene in bilico il paese sulle drammatiche emergenze economiche, sociali e amministrative provocate dalla pandemia, si sta sviluppando attorno proprio su queste alternative : se non Conte chi? e Governo con i renziani oppure con l’eventuale appoggio esterno di Forza Italia ?
