Bimbi in provetta day
Happy birthday bimbi in provetta ! Un compleanno speciale: quarant’anni fa a Oldham, una cittadina inglese non lontana da Manchester, nasceva Louise Brown, la prima bambina al mondo concepita in provetta.
Un fiocco rosa salutato dagli esperti della Società italiana di andrologia, Sia come “una delle più grandi conquiste della medicina: ha cambiato la storia, al punto che oggi negli Stati Uniti l’1,5% dei bambini nasce con una tecnica di riproduzione assistita”.

Dal 2005 al 2015 in Italia, in base ai dati del registro dell’Istituto superiore di sanità, sono state effettuate oltre mezzo milione di procedure di fecondazione in vitro che hanno dato la nascita a oltre 100 mila bimbi, pari al 2,3% ogni anno. “I successi non devono però distrarre dalle difficoltà: la procreazione medicalmente assistita,Pma, è un percorso a ostacoli e tuttora il tasso di successo è inferiore al 50%”. Il maschio, affermano gli andrologi, è ancora il “grande assente” quando una coppia cerca un figlio che non arriva.
In questi casi un uomo su quattro non viene visitato dall’andrologo, così oltre 60 mila delle 250.000 coppie con problemi di fertilità ‘dimenticano’ diagnosi e cura per lui. Interventi poco complessi e costosi come la correzione del varicocele, la cura di infiammazioni urogenitali, l’uso di terapie ormonali o di molecole antiossidanti a seconda dei casi, “potrebbero invece consentire una gravidanza naturale o favorire il successo di una eventuale Pma”, assicura la Sia.
“In circa un terzo dei casi di infertilità di coppia il fattore maschile è evidente, mentre in un altro terzo la sterilità non riconosce cause evidenti in entrambi i partner. In questo contesto le tecniche di fertilizzazione in vitro come Fivet e Icsi rappresentano spesso l’unica chance di paternità biologica per il maschio – spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore dell’Università Federico II di Napoli – Nonostante questo e nonostante il continuo affinamento delle tecniche, la fertilizzazione in vitro rimane una corsa a ostacoli che inizia con la necessità di disporre di gameti, assenti nell’eiaculato nel 10% dei maschi sterili, richiede la fertilizzazione delle uova, la formazione di un embrione, l’attecchimento nella cavità uterina e una gravidanza a temine”. Quando è il maschio ad avere problemi di fertilità “si ricorre in genere alla Icsi, che – ricorda l’esperto – prevede la microiniezione di un singolo spermatozoo all’interno dell’ovocita ed è oggi la tecnica utilizzata dal 58,4% al 98,4 % dei casi nei vari Paesi. Tuttavia i tassi di successo per tentativo, in termini di bambini in braccio, sono inferiori al 50% anche nei casi più favorevoli”.
Secondo gli esperti Sia, però, ogni anno si potrebbero evitare almeno 8 mila procreazioni assistite semplicemente con una corretta e tempestiva diagnosi e cura dell’infertilità maschile. “L’infertilità maschile è raddoppiata negli ultimi 30 anni e il fattore maschile è esattamente sovrapponibile a quello femminile, si stimano ormai circa 2 milioni di italiani ipo-fertili. Ciò nonostante, mentre si moltiplicano i programmi di prevenzione per la donna e, a volte, ci si accanisce nell’individuazione e trattamento delle cause femminili, spesso si tralascia o si trascura del tutto l’altra metà della coppia”, aggiunge Palmieri.
Ginecologo e andrologo devono invece collaborare cercando di risolvere i problemi di lei e di lui che impediscono la gravidanza, ricorrendo alla Pma solo quando non c’è altra soluzione. Con adeguata prevenzione, diagnosi e terapia i problemi di molte coppie potrebbero essere intercettati anni prima e in molti casi risolti.
Fonte: AdnKronos