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Quel tormento catarsi dell’umanità di Gesù nel Getsemani

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

I cardini del pensiero Socrate Buddha Confucio Gesù

by Antonino Cangemi

Nell’Orto degli ulivi, non lontano da Gerusalemme, Gesù vive la sua straziante agonia: nella solitudine di chi è stato tradito, disconosciuto dai discepoli, abbandonato dal Padre. Ma nella preghiera e nell’abbandonarsi a Dio, Gesù trova la sua forza e in lui s’incarna lo spirito divino.

La passione di Gesù nel Getsemani suscita la più intensa commozione e stimola le più profonde riflessioni e ciò spiega perché abbia ispirato i maggiori artisti – a cominciare da Bach – e interrogato le menti più acute.Quel tormento catarsi dell’umanità di Gesù nel Getsemani

Da essa prende spunto l’ultima raccolta di poesie di Luca Pizzolitto, Getsemani edita da peQuod, casa editrice indipendente di cui l’autore dirige la collana di eco ungarettiana “Portosepolto”.

Pizzolitto, per quanto ancora giovane, ha già pubblicato diverse sillogi manifestando la sua accentuata sensibilità religiosa. Si comprende perciò come il tema della passione di Gesù venga trattato in Getsemani con il trasporto e lo scrupolo di chi ha dimestichezza con gli scritti sacri ai quali in più passi la raccolta rimanda.

Sono il “dolore” il “lutto”, la “condanna a morte efferata”, “il lungo consumarsi del corpo, che lascia a chi resta una sete insoddisfatta” – parole e frasi tratte dalla partecipe prefazione di Roberto Deidier – al centro della silloge. E’ il corpo a corpo dell’uomo con la morte, il suo misurarsi con essa, la sofferenza che genera in chi ne è sopraffatto e in chi resta il punto focale della raccolta, non solo la passione di Gesù nell’Orto degli ulivi che raggiunge il culmine del dramma per risolversi in un evento rigenerativo. In Getsemani in primo piano vi è la fragilità dell’uomo: dell’uomo Gesù innanzitutto, ma anche di tutti i figli di Dio. La fragilità dell’uomo, le sue debolezze, il suo precario essere nel mondo risalta in più versi (“la vita che attraversiamo / a mezz’ora dall’autogrill./ Fibra minuta, fragile”, “Questo tempo che/  ci respira addosso/ è affanno, abbandono/ una poverissima luce”) accanto ad altri che richiamano esplicitamente il dolore patito da Gesù (“Chi getta il tuo nome nell’abisso/ per trenta denari?/ Chi dorme durante la veglia?/ Chi stringe i polsi e ti spinge / in catene?”.

Quel tormento catarsi dell’umanità di Gesù nel Getsemani
Luca Pizzolitto

E questo intrecciarsi della passione di Gesù col destino degli uomini accentua l’umanità del primo e sottolinea quel che di sacro è sotteso nell’esistenza nei secondi, anche alla luce della risposta che l’autore indica quale soluzione alla loro ineffabile angoscia dinanzi all’inevitabile dissolversi.

Fin dalle sue prime pagine Getsemani rinvia a fonti bibliche e fa leva su parole di particolare valore simbolico nel cristianesimo. La sua prima sezione infatti s’intitola “Geografia della sete” e la parole sete è una di quelle che ricorre con maggiore frequenza nell’intera silloge. Nel Vangelo di Giovanni (Gv 19, 28) Gesù poco prima di morire dice “ho sete” e invece dell’acqua riceve l’aceto acuendosi così la sua sofferenza. La sua sete non è solo un bisogno fisico, ma soprattutto spirituale: Gesù ha sete di portare la salvezza, di redimere le anime.

Nell’incontro con la Samaritana (4,5-42) la sete e l’acqua purificatrice rivelano la loro forza salvifica. La sete esprime più della fame un desiderio impellente, che non sempre si sublima nella spiritualità: nei versi di Pizzolitto a volte rimane ancorata a una dimensione terrena (“E a chi resta, resta la sete e il pianto, / il giogo eterno della memoria,/ l’umano niente nel farsi polvere/ fuoco, sostanza di dio”), altre volte la trascende (“Dimmi/ è forse di Dio/ l’eterna sete”?).

Per dare voce al mistero della vita nel confine con la morte, Pizzolitto si affida a versi volutamente scarni ed “ermetici” con taluni accorgimenti che ne segnalano l’originalità. Sono sottolineati dal corsivo, ad esempio, le citazioni di altri poeti, i Salmi richiamati e quei versi o quelle parole a cui si vuole dare particolare rilievo o intonazione. In alcuni versi in corsivo, fra l’altro, sembra che risuonino il ritmo e l’intonazione dei Salmi.

Da notare che nei versi della silloge Dio non sempre figura in maiuscolo: è in minuscolo, in più di una poesia, quando se ne ha una distorta rappresentazione, piegata a desideri degli uomini che in lui ripongono attese improprie.

In Getsemani vi è un crescendo di spiritualità e non a caso la poesia che chiude la sezione “Come i gigli dei campi” in coda alla silloge canta il consegnarsi a Dio: “Mi arrendo all’ineffabile/ ancestrale silenzio/ in luminoso vuoto./ Io oggi solo in Te/ trovo pace, riposo”, e il libro si chiude, nell’appendice “Parole a Ugo”, con versi di serena accettazione del distacco dalla vita: “Il tuo cuore è cieli quieti e lontananza”.

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Antonino Cangemi
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Saggista e critico letterario
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