Pivot politici si nasce, playmaker si diventa. Storicamente, agli albori della Repubblica, nei partiti si distinguevano i “cavalli di razza” come Moro, Fanfani e Andreotti nella Dc, Pajetta, Berlinguer, Occhetto, Lucio Magri, Castellina e Rossanda nel Pci, Craxi nel Psi, tanto per citare i più noti. Le leadership erano invece assicurate da Premier, segretari e playmaker di partito come De Gasperi, Togliatti, Segni, Saragat, Nenni, La Malfa e Malagodi.
L’evoluzione semantica ha poi portato all’identificazione dei “cavalli di razza” nei pivot sportivi, i fuoriclasse della politica in grado di cogliere al volo le situazioni e di indirizzare le scelte istituzionali, tanto che alla vigila della cruciale elezione del 13° Presidente della Repubblica il loro ruolo potrebbe rivelarsi risolutivo. Vitalizi e candidature per la 19^ legislatura, queste le loro password parlamentari per la cronoscalata del Colle. Gli scenari sono in continua evoluzione, ma il quadro dei pivot protagonisti è già delineato:
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Matteo Renzi
Reduce dalla sponsorizzazione vincente dell’esecutivo Draghi, nonché dall’affondamento dei due Governi Conte, il primo con Salvini e il secondo con Nicola Zingaretti, l’ex segretario del Pd gioca a tutto campo. Oltre ad assicurare ai parlamentari la scadenza naturale della legislatura e a sventolare seggi e candidature per la prossima, il principale asso nella manica di Renzi è l’elezione di Draghi al Quirinale per fare intravedere Palazzo Chigi a chi fra Giorgetti, Franceschini ed Enrico Letta, avrà concorso maggiormente all’elezione dell’attuale Premier. L’asso renziano numero due potrebbe essere rappresentato, last minute, da un altro candidato condiviso per il Colle. Il che rappresenterebbe l’avvio della formazione del rasseblemement di centro che si riconoscerebbe nel Draghi pensiero.
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Giancarlo Giorgetti
Il Ministro dello Sviluppo si gioca la partita della vita. Con o senza Salvini, l’apporto decisivo dei suoi voti leghisti all’elezione di Draghi potrebbe aprirgli il portone di palazzo Chigi, perché assicurerebbe la partecipazione della Lega alla stabilizzazione della maggioranza di governo.
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Luigi Di Maio
E’ consapevole che il the day after del Colle scatenerà il tutti contro tutti nei 5 Stelle. Ma non ha alternative: se segue Conte rischia di uscire di scena, mentre se concorre con i parlamentari a lui vicini all’elezione di Draghi al Quirinale manterrebbe un ruolo nel Governo e potrebbe riconquistare la guida del Movimento.
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Dario Franceschini
Come Giorgetti e Di Maio su Draghi si gioca il tutto per tutto, ma rispetto a Giorgetti condizionato dalla Lega ha una chance in più per Palazzo Chigi, a meno che Enrico Letta non gli sbarri la strada e lo preceda alla Premiership.
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Matteo Salvini
O vince o perde. Tanto da pivot quanto da playmaker. Per il Colle il pareggio non è contemplato. Assediato da Giorgia Meloni e dai governisti che sottolineano quotidianamente come i successi dell’esecutivo siano merito dei ministri della Lega, marcato stretto da Berlusconi e isolato in Europa, l’ex vice Premier e Ministro dell’Interno per non restare spiazzato potrebbe cavalcare l’onda dell’elezione di Draghi e misurarsi sul fronte interno nel tira e molla dell’uscita dal governo per non lasciare tutto lo spazio dell’opposizione a Fratelli d’Italia.
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Enrico Letta
Stretto fra Quirinale e Nazareno, il segretario Pd ha due opzioni: puntare tutto su Draghi o tirare fuori dal cilindro un candidato all’altezza del Premier. L’exit strategy resta quella della successione a Draghi a palazzo Chigi, lasciando fuori dal governo Salvini. Ed in cambio assicurerebbe il ritorno al Nazareno di Zingaretti.
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Gianni Letta
Intimamente conscio della mission impossible di assicurare il Quirinale a Silvio Berlusconi, quello che viene unanimemente considerato come il condensato delle migliori qualità di Richelieu, Mazzarino e Andreotti, sta ottenendo il nuovo miracolo di incensare il Cavaliere senza fargli percepire che la musica è finita. Il Letta zio per antonomasia, potrebbe conseguire comunque il risultato di far convergere i consensi berlusconiani su Draghi o su un altro candidato o candidata outsider. Per esempio Letizia Moratti, in maniera da poter dire a Berlusconi: visto, hai pareggiato alla grande e soprattutto non hai perso.
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Goffredo Bettini
Dopo una vita da mediano, direbbe Ligabue, il maître à penser del Pd romano-centrico potrebbe rientrare sul palcoscenico politico da protagonista. Sullo scacchiere tuttavia solo l’elezione di Draghi al Colle consentirebbe l’operazione Letta al governo e Zingaretti al Nazareno. Nonostante l’impraticabilità del rilancio del prediletto Giuseppe Conte, da teorico marxista leninista Bettini potrebbe tuttavia insistere ad esplorare ulteriori soluzioni.
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Giorgia Meloni