Resistenza e antimafia diffidare dai professionismi. Una singolare sovrapposizione temporale di polemiche ha come delineato, fra 25 aprile e il primo maggio, un confronto politico giudiziario fra due stagioni storiche che segnano il riscatto e la fuoriuscita dell’Italia dal buco nero della doppia dittatura fascista e sabauda e dalla morsa criminale e stragista di cosa nostra.
Con la Resistenza il Paese ritrova l’anima liberale e democratica coartata da Mussolini e da Vittorio Emanuele III, che precipitarono l’Italia nel baratro di una guerra disastrosa ma soprattutto combattuta dalla parte peggiore, quella della disumanità nazista.
Dal 25 aprile scaturisce una Costituzione talmente idealista e liberale che a 77 anni di distanza non ha ancora trovato piena attuazione.
Dall’esempio e purtroppo dal sacrificio di Magistrati, Investigatori, Politici, Sacerdoti, Giornalisti, come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, Boris Giuliano, Ninni Cassarà, Piersanti Mattarella, Dalla Chiesa, Ciaccio Montalto, Gaetano Costa, Mario Francese, Don Pino Puglisi e tantissimi altri, é scaturita la capacità delle istituzioni di sconfiggere la mafia e di iniziare a smascherarne gli intrecci con la politica, gli snodi finanziari e quel che é ancor più devastante con gli apparati deviati dei servizi segreti. Un contesto spesso inconfessabile sul quale rimane molto da scoprire.
Le polemiche sull’antifascismo e sui cosiddetti professionisti dell’antimafia sono state nel frattempo amplificate e cavalcate per obiettivi politici e giudiziari, interessati e di parte. Sul piano politico per tentare di sdoganare l’insdoganabile realtà storica di una dittatura che massacrò legalità e diritti, avversari e oppositori, ebrei e cattolici. E sul piano dell’antimafia per insinuare diversificazioni fra buoni e cattivi, carrieristi e pseudo garantisti.
