Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Storie di vita e vicende vissute
by Augusto Cavadi
Pillola del giorno dopo e dintorni. Come è noto, il ministro della salute Roberto Speranza ha consentito il ricorso alla pillola che procura l’aborto farmacologico anche senza l’obbligo del ricovero ospedaliero.
Premesso che sono d’accordo sul merito del provvedimento, vorrei avanzare qualche riserva sul linguaggio dominante nei commenti (consenzienti) e qualche proposta di politica culturale.
La riserva principale concerne l’esclusività del riferimento al corpo delle donne. La decisione di interrompere una gravidanza, sia pure incipiente, appartiene certamente in primo luogo alla soggettività femminile e solo chi ne misconosce il travaglio interiore può rimpiangere un regime – non molto lontano – in cui a decidere erano, invece, i maschi (mariti, medici, preti, magistrati…). Ma “in primo luogo” significa “esclusivamente”?
Penso che non sia corretto ignorare il coinvolgimento oggettivo di (almeno) altre due individualità: una abbozzata, per molti versi potenziale, ma geneticamente e biologicamente definita (il concepito) e una compiuta, del tutto attuale, che non merita – né se lo desidera né se non lo desidera – di essere esonerato da ogni responsabilità morale (il partner).
Affermare, e ribadire continuamente, che in questi casi si tratterebbe di uno dei tanti casi di auto-determinazione della donna sul proprio corpo, come se si trattasse di un appendicectomia, è riduttivo.
Capisco che con questa scorciatoia concettuale si evitano tante questioni teoriche dalle rilevanti conseguenze pratiche: ma di una scorciatoia, dal punto di vista scientifico e etico, si tratta. Nella società della iper-semplificazione logica non ci fa bene chiudere gli occhi di fronte alla tragicità di certe scelte: dobbiamo ammettere che non tutte le decisioni sono facili da assumere e che la vita ci pone di fronte a bivi in cui ciascuna delle due strade possibili ci riserva amarezze. Quanto profonde possano essere certe ferite, più di qualsiasi altro lo sanno le donne che hanno scelto di rinunziare volontariamente a una gravidanza: per questo non vanno lasciate sole, a meno che non siano esse stesse a rifiutare ogni forma di prossimità e di accompagnamento.
Proprio la considerazione che abortire è un atto personale, ma non autoreferenziale, impone, a mio avviso, di allargare lo sguardo alla situazione sociale in cui viviamo. In più di quarant’anni di attività nelle scuole, nell’associazionismo giovanile, nel volontariato sociale, nella consulenza filosofica ho imparato che molti travagli psicologici e morali delle donne (soprattutto delle donne giovani) si sarebbero potuti evitare in un contesto culturale radicalmente differente. I nostri sistemi formativi, a causa del combinato disposto di pregiudizi religiosi e di ignoranza medica, sono assolutamente carenti dal punto di vista della prevenzione delle gravidanze. Molte volte i miei tentativi di creare occasioni di incontro fra adolescenti e personale medico per parlare di metodi anticoncezionali sono stati ostacolati da altri educatori prigionieri della mentalità dello struzzo.
Per evitare equivoci, aggiungo volentieri che i (rari) incontri informativi, per quanto necessari, sono insufficienti. Non si tratta di illustrare soltanto dati tecnici e metodi pratici, ma di progettare un percorso trans-disciplinare di respiro molto più ampio di educazione alla gestione della propria dimensione sessuale e affettiva. Lacune in questo ambito, come in tanti altri, ce le portiamo dentro dall’adolescenza per tutta l’esistenza.
Stretti tra i residui persistenti della mentalità cattolica (ufficiale) e l’afasia etica di tanti educatori laici (che scambiano per rispetto dei giovani il silenzio sulle loro problematiche intime), cresciamo incapaci di dirci parole autentiche sul piacere sessuale, sulle relazioni sentimentali interpersonali, sulle responsabilità procreative.
Anche da adulti navighiamo a vista e, molto più spesso di quanto vorremmo, andiamo a sbattere contro scogli imprevisti. Non sarebbe più saggio prevederli ed evitarli ?
Da qualunque parte la si approfondisca, quella dell’aborto è, e rimarrà, una problematica esistenziale delicatissima e controversa. Una conquista ed insieme una cicatrice indelebile per le donne.